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Estate 2011 a Monte Marenzo. Ospite d’onore una patata

Mentre sabato 2 luglio  in piazza i bambini giocavano e facevano merenda in uno stupendo pomeriggio di sole con gli organizzatori di Mosaico, un  personaggio notevole era presente in Sala Civica: Massimo Angelini, professore universitario di Genova nonché famoso ormai Presidente del “Consorzio della patata quarantina” (www.quarantina.it)

Teneva la terza  lezione aperta al pubblico agli agricoltori della Valle San Martino sulla coltivazione della patata. Detto così sembrerebbe una cosa piccola piccola, ma adesso se avete pazienza  vi racconto una storia magica.

Grazie alla lungimiranza di questo personaggio, una valle genovese, la Val Trebbia, che si era spopolata ed impoverita, con i  pochi contadini rimasti  che si vergognavano della loro identità e avevano perso ogni orgoglio e sapere contadino, ha ritrovato una ragione di essere..

Come è stato possibile?

Una valle vive se i suoi abitanti, i  suoi contadini, i suoi  ristoranti, i suoi piccoli negozi vivono: bisognava creare rete di reddito. E tutto ciò è avvenuto grazie ad una piccola patata, la patata quarantina, presente ormai in pochi chili sparuti nella valle grazie a qualche contadino testardo. Non si tratta di  una patata qualunque, ma proprio  dell’ erede delle patate di Cristoforo Colombo ed è arrivata per prima proprio a Genova dalla Francia e da qui ha raggiunto la Brianza, Como, Milano e la nostra valle e ha resistito indisturbata fino a quando non sono arrivate le patate straniere..Nella patata genovese c’è tutta la biodiversità dei popoli del nord e delle loro patate

E così questa piccola patata ha  fatto da apripista e ha creato una fonte di benessere nella val Trebbia (linea verde puntata del 22 maggio 2011) a dimostrazione che se qualcuno ci crede e ci mette la faccia le cose possono cambiare in meglio per tutti.

Il ruolo dell’ Associazione Agricoltori Valle San Martino

Ebbene, grazie alla buona volontà  del Parco della Cavallera e del Comune di Vimercate  e alla disponibilità concreta degli agricoltori della nostra associazione si è dato vita lo scorso anno ad un progetto ambizioso: il recupero della patata esistente nel territorio brianzolo che ad Oreno aveva in passato un centro  di produzione molto redditizio.

Seguiti da Massimo Angelini e dall’agronomo  Niccolò Mapelli, tecnico responsabile del progetto a nome del parco della Cavallera, abbiamo iniziato lo scorso anno proprio a Monte Marenzo il primo impianto di patate per recuperare questa  vecchia varietà, per ricavare le patate che andranno poi messe  a dimora per la produzione da consumo nei territori del Parco della Cavallera. Il nostro lavoro è molto importante perché dobbiamo produrre a questa altezza tuberi di patate sani e secondo tecniche molto precise e scientificamente appropriate. Per questo stiamo cercando terreni in valle anche a quota più elevate.

Questo è il secondo anno e le piante di  patate controllate poi sul campo ad una  ad una da Massimo Angelini nell’aziende di Barachetti Adelio e di Cascina Costa Antica stanno bene e sono pronte a fornire il primo quantitativo di patate da seminare ad Oreno il prossimo anno.

Cosa si propone di dimostrare  l’Associazione Valle San Martino con questo progetto:

  1. partire dal piccolo per creare un grande risultato si può: esistono enti, comuni e parchi lungimiranti che non aspettano di vedere quanti quintali di prodotto esistono già sul territorio per metterci la faccia, ma sanno investire su un  progetto piccolo, addirittura su alcune unità di patate. Gli appezzamenti visitati a Monte Marenzo sono stati scherzosamente giudicati da Massino Angelini dei latifondi, se comparati con gli appezzamenti del territorio ligure
  2. esistono agricoltori che ci vogliono mettere il proprio lavoro, l’età media degli agricoltori che coltivano la patata quarantina è passata dai 60 anni ai 38 anni, a dimostrazione che i giovani soprattutto ci hanno creduto e si possono permettere ora una vita dignitosa Sabato pomeriggio erano presenti  anche due neoagricoltori giovanissimi della nostra valle che vogliono entrare in questo progetto
  3. esistono negozi e ristoranti che ci hanno creduto  e comprano le patate quarantine in sacchetti forniti dai produttori al prezzo  stabilito dagli stessi  I ristoranti che vogliono cucinare la patata quarantina sono rigorosamente vagliati dal consorzio e  ci sono tuttora esercenti in lista di attesa. Un ristoratore si deve associare con 30€, ma quello che conta è che porti benessere nel territorio, che visiti la fatica dei produttori e non cucini solo una patata, ma sappia proporre al consumatore tutto ciò che ci sta dietro
  4. esiste un territorio ancora disponibile a essere coltivato con pratiche sostenibili che possono tutelarlo sapientemente
  5. esistono consumatori che sanno apprezzare un prodotto buonissimo, una saporita  patata  che sa di patata, molto versatile in cucina, e che soprattutto ama il territorio da cui proviene
  6. esistono  università che stanno portando avanti una ricerca completamente finanziata dal consorzio patata quarantina, che si vanta tra l’altro  di non avere mai chiesto aiuti pubblici, per valutare il rischio della solanina  nelle patate. Massimo Angelini, anticipando per noi alcuni dati che dopo anni di studio stanno per diventare pubblici, ha raccomandato di non consumare patate precoci, perché troppo ricche di solanina, così di non consumare patate germogliate e soprattutto patate verdi, perché la solanina si accumula nel nostro corpo e di solanina si può anche morire quando si raggiunge la dose letale.

Un’ultima bella soddisfazione: la collaborazione tra gli agricoltori di Valle San Martino e gli agricoltori del Parco della Cavallera  ci ha permesso di constatare che il paese di Oreno condivide con  il nostro di Monte Marenzo la bellezza e la salvaguardia sapiente del territorio.

Nelle foto di Adriano Barachetti la lezione nei campi.

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Un pensiero su “Estate 2011 a Monte Marenzo. Ospite d’onore una patata”

  1. “A lezione nei campi”, così avremmo potuto titolare un articolo seguendo gli agricoltori tra i campi di Monte Marenzo.
    Io e Adriano lo abbiamo fatto per una mezz’ora e mi ha stupito vedere, a fianco di “anziani” agricoltori, anche ragazzi che tenevano in mano il casco da motocicletta.
    Sono diplomati e laureati che, come ci hanno detto, stanno provando a fare coltivazioni a Rossino. La tradizione contadina si sposa con le nuove tecnologie e una attenzione particolare per l’ambiente.
    “A lezione nei campi” perché vedere Pier (come da foto di Adriano), seguire la lezione con penna e blocco note, fa capire benissimo che c’è sempre da imparare, anche per chi, come Pier (e gli altri), lavorano da anni i loro campi ma hanno l’umiltà e la passione di “aggiornarsi”.

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