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Il Profeta Don Gallo nella chiesa di Monte Marenzo

Don Andrea Gallo entra nella chiesa di Monte Marenzo, stracolma di gente, accolto da un applauso. Ha il suo cappello nero in mano, che agita per salutare i presenti (ma quanti sono?), e poi lo lancia verso l’altare dove c’è Pierluigi a prenderlo al volo.

Poi getta anche il tabarro nero e ricorda la sua età (84 anni il prossimo 18 luglio). Chi si aspettava una conferenza dietro ad un tavolo si deve subito ricredere. Don Gallo cammina instancabilmente avanti e indietro nella navata della chiesa, lo farà per tutto il tempo dell’incontro di testimonianza voluto da Don Giuseppe per la Festa Missionaria “Amare la vita”.

Don Andrea inizia così le quasi due ore di monologo, ringraziando Don Giuseppe per farlo parlare qui, proprio nella chiesa che è la sua casa. Racconta della sua gioia di vedere tanta gente , “che spettacolo, grazie Don Giuseppe”, e la gioia di vedere i bambini sui gradini che portano all’altare (Pierluigi li ha fatti mettere lì per dare posto a sedere agli anziani, e c’è gente anche ai lati dell’altare, dietro la corale e fuori dalle porte della chiesa, mentre in prima fila sono ospitati i disabili).

La sua gioia per vedere i giovani e le donne. E anche un ragazzo di colore. Don Gallo lo fa alzare, è altissimo, la maglietta gialla sembra  far risaltare ancora di più (se possibile), il colore della sua pelle nera. Gli chiede da dove viene (dal Senegal) e Don Andrea gli dice (per farlo capire a noi bianchi), che la scienza ha stabilito che l’umanità deriva tutta dal ceppo africano e che nel corso dei millenni con le migrazioni e in climi diversi, la pelle è mutata, sbiancata. Dice allora a quel ragazzo nero che quindi è lui, Don Gallo (e tutti noi bianchi), ad essere “diverso”.

E’ solo un esempio, il primo, di come Don Andrea, il “prete degli ultimi”, riesca a ribaltare i luoghi comuni, ci sbatta in faccia verità anche scomode. Ripropone con ironia, con qualche battuta, ma soprattutto con grande fermezza, le sue convinzioni (giaculatorie le chiama) che prendono forza dalla sua esperienza di vita e di “strada”. Così racconta decine di aneddoti per arrivare poi a dare un messaggio a tutti noi, sapendo bene che il suo modo di fare “spettacolo” può arrivare in modo più diretto alla gente, a dire a tutti noi “svegliatevi”.

Due ore in cui parla a braccio, come al solito, e tocca diversi temi che gli stanno a cuore: gli anni della Resistenza (e mostra ed elenca i nomi dei sette fratelli Cervi, martiri), la centralità della Costituzione, passando per la libertà, la pace, la politica svenduta alle fameliche brame di denaro, gli insulsi e anacronistici oscurantismi romani sulle questioni di sesso, di corpo e di coscienza.

A volte perde il filo del discorso, distratto da un altro tema che gli viene urgente da dire. La sua segretaria gli dice una sola parola per ricordargli a che punto era e lui riparte con foga, grida addirittura nel microfono (e come noi immaginiamo facessero i profeti che predicavano nei tempi antichi) le sue giaculatorie, per dirci “non accontentatevi, ribellatevi alle imposizioni del mercato e della finanza. Un modello diverso è possibile”. E ai giovani, ricordando il Sessantotto, “su la testa”. E alle donne che è venuto il loro tempo: “Se non ora (quando?)… Adesso!

Cita i “suoi” profeti: Papa Giovanni XXIII, Don Lorenzo Milani, Don Giuseppe Dossetti, e i suoi Maestri (Monicelli, Ettore Scola).

Alla fine si siede, beve, e termina perché “vi vedo un po’ provati “ (risate). Termina citando i quattro Vangeli e dice che lui ne ha un quinto: un Vangelo che è fatto di poesia da un cantastorie anarchico: Fabrizio De Andrè, al quale dedica la sua “lettera a Faber”.

La gente è tutta in piedi ad acclamarlo quando sventola e distende la bandiera della pace.

Don Giuseppe lo ringrazia, ma Don Andrea gli si avvicina, lo abbraccia, si inchina davanti a lui, e dice immancabilmente una battuta: “di solito mi dicono che nei miei incontri non c’era neanche un prete. Oggi non possono dirlo: c’era Don Giuseppe!”.

Gli si avvicina Fausto Mangili dell’ANPI che consegna al “partigiano” Don Gallo un biglietto di benvenuto. E Don Andrea dice che essere partigiani significa “prendere parte, schierarsi”, come lui chiede a noi e alla sua Chiesa di fare.

Fuori della chiesa si vendono i suoi libri il cui ricavato sostiene la sua Comunità di san Benedetto al porto di Genova. Tanti vanno ad acquistarli per poi mettersi in fila in Oratorio, per farsi scrivere una dedica.

La sua segretaria ci aveva preavvertito in chiesa: Don Gallo è generoso, ma anziano, non trattenetevi a lungo con lui, andrebbe avanti per ore, accontentatevi di un autografo.

Don Gallo è lì, ascolta e scrive dediche personalizzate, una diversa dall’altra.

Non ho il coraggio di prendergli troppo tempo e dei miei tre libri ne consegno uno solo, al quale tengo più degli altri “Il Vangelo di un utopista” che contiene un “breviario” delle sue preghiere: accanto al “Padre Nostro” ci sono “Bella Ciao” e brani della Costituzione Italiana e “Smisurata preghiera” l’ultima canzone di De Andrè, dedicata agli ultimi. Don Gallo lo firma e me lo dedica “con Faber, camminiamo in direzione ostinata e contraria”.

Grazie.

(Nella galleria fotografica a fianco alcune immagini dell’incontro con Don Andrea Gallo)

3 pensieri su “Il Profeta Don Gallo nella chiesa di Monte Marenzo”

  1. Sono contenta di essere venuta innanzi tutto grazie al parroco di Mariano e grazie anche a Don Gallo se i nostri parroci fossero piu coraggiosi ad invitare questi preti ciao e grazie ancora

  2. Un’amica mi ha detto che è rimasta stupita e un po’ male che non ci sono stati commenti sulla serata di don Andrea Gallo, si chiedeva come mai.
    Ecco il mio commento: GRAZIE DON GIUSEPPE!

  3. Il primo messaggio che Don Gallo ieri sera ha lanciato lo ha fatto per ricordare uno dei suoi esempi di vita, Vittorio Arrigoni,ucciso in Palestina:
    “Restiamo umani”

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