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“La memoria è un presente che non finisce mai di passare.” A Monte Marenzo il ricordo di Pino Pinelli con il giornalista Piero Scaramucci e Silvia Pinelli

Elisa Barachetti sale sulla pedana e inizia a leggere, con la consueta passione, una poesia.

La poesia è l’Epitaffio di Carl Hamblin una delle poesie dell’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters nella traduzione di Fernanda Pivano.

Poesia incisa sulla lapide di Giuseppe Pinelli al cimitero di Carrara, dove l’anarchico morto il 15 dicembre 1969 è stato sepolto nell’aprile del 1980.

L’idea di far mettere questa poesia fu della moglie di Pino, Licia, la notte dopo la sua morte. L’Antologia di Spoon River ha accompagnato la vita di Licia fin da quando gliela regalarono a 15 anni. E man mano che le donavano una copia lei regalava la vecchia copia ad un’altra persona.

Pino Pinelli, qualche tempo prima della Strage di Piazza Fontana regalò una copia delll’Antologia di Spoon River al Commissario Calabresi, contraccambiando un dono che il Commissario gli aveva fatto, il libro “Mille milioni di uomini” di Enrico Emanuelli.

Il 12 dicembre 1969, un paio d’ore dopo la bomba di Piazza Fontana che provocò la morte di 17 persone, Calabresi incrociò in via Scaldasole a Milano, Giuseppe Pinelli e lo invitò a seguirlo col suo motorino in questura.

Così fece. Pinelli muore il 15 dicembre 1969 precipitando da una finestra della questura di Milano.

 

E’ iniziata così ieri sera, con una poesia, la presentazione in Sala civica a Monte Marenzo del libro “Una storia quasi soltanto mia” (ed. 2009 Feltrinelli) con l’Autore Piero Scaramucci, una lunga intervista  a Licia Rognini, moglie dell’anarchico Pinelli.

Presentazione organizzata dall’Associazione Culturale UPper di Monte Marenzo con il patrocinio del Comune di Monte Marenzo (tra il pubblico era presente il Sindaco Paola Colombo) e in collaborazione con la Sezione ANPI di Monte Marenzo e quella della Valle San Martino nell’ambito dei festeggiamenti per il 70° della Liberazione dal Nazifascismo.

Chi lottò nella Resistenza lo fece per affermare i grandi ideali delle libertà democratiche, della solidarietà, della giustizia.

Giustizia che è stata negata a Giuseppe Pinelli, partigiano, a sua moglie, alla sua famiglia e al nostro Paese. Piero Scaramucci, rispondendo al nostro invito, ci ha scritto che “Le tracce fasciste nella nostra società sono state all’origine della strategia della tensione e anche della morte di Pino. E’ giusto quindi ricordarlo anche come staffetta partigiana.”

Pinelli nel 44/’45 partecipa alla Resistenza antifascista. La sua Tessera di patriota benemerito porta la matricola 1434 B 70 della “Brigata Franco”, una diramazione delle Brigate Bruzzi Malatesta.

Vista la sua allora giovane età ha il compito di staffetta.

 

Ospite della serata Piero Scaramucci, giornalista, inviato speciale alla Rai dove ha lavorato dal 1961 al 1992 per le testate radiofoniche e televisive e, dal 1992 al 2002 è stato direttore di Radio Popolare, che ha contribuito a fondare nel 1976.

Ad accompagnarlo c’è Silvia Pinelli, figlia dell’anarchico Pino e di Licia, co-autrice del libro presentato ieri sera e che molti spettatori hanno potuto acquistare grazie alla presenza degli amici dell’Associazione L’Altra via di Calolziocorte (se volete il libro potete rivolgervi alla libreria “Il viaggiatore leggero” di Calolzio).

 

Silvia Pinelli ripercorre la storia di suo padre e della sua famiglia e di come sua madre ha lottato per avere giustizia.

Licia e Pino si conobbero nel 1952 a un corso di esperanto, a Milano. Lei voleva imparare la ‟lingua universale” che avrebbe facilitato la comprensione tra i popoli e portato la pace; lui voleva prendere il diploma e insegnarlo. Comincia così la loro storia d’amore. Licia, che ha cominciato a lavorare come dattilografa a tredici anni, fa la segretaria e abita in un palazzo popolare in viale Monza.

Silvia presenta anche due video. Nel primo, dopo le immagini del funerale di suo padre, ci sono le testimonianze di Licia Pinelli e della madre di Pino. Di come appresero la notizia della sua morte e dei primi goffi tentativi di far passare quella morte per un suicidio.

Poi Silvia ricorda che in occasione del “Giorno della Memoria”, il 9 maggio 2009, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha reso omaggio, in presenza di Licia Pinelli e degli altri famigliari delle vittime del terrorismo, alla figura dell’innocente Giuseppe Pinelli, che “fu vittima due volte, prima di pesantissimi infondati sospetti e poi di un’improvvisa, assurda fine. Qui si compie un gesto politico e istituzionale, si rompe il silenzio su una ferita, non separabile da quella dei 17 che persero la vita a Piazza Fontana”: Pinelli è vittima innocente delle manovre messe in atto dagli apparati dello stato per scaricare la responsabilità della bomba sugli anarchici, “e su un nome, su un uomo, di cui va riaffermata e onorata la linearità, sottraendolo alla rimozione e all’oblio”.

L’occasione fa incontrare, dopo 40 anni le due famiglie, quella di Pinelli e quella di Calabresi, la moglie Gemma e il figlio, direttore della Stampa, Mario Calabresi.

Le parole di Napolitano però non bastano alla famiglia che attende ancora giustizia.

Il secondo video è stato realizzato dai Licei milanesi e da Milano Attiva, con la regia di Tommaso Proverbio, per ricordare Giuseppe Pinelli. Un video che si conclude con una citazione di Octavio Paz: “La memoria è un presente che non finisce mai di passare.”

 

E proprio la memoria e il presente sono stati oggetto delle considerazioni politiche di Piero Scaramucci che ha risposto con Silvia alle domande e alle riflessioni del pubblico in sala.

Scaramucci ha confessato che l’intervista fatta a Licia Pinelli è stata l’intervista più difficile della sua vita. Una conversazione durata due anni, iniziata all’inizio degli anni ottanta. Licia era rimasta appartata, quasi silenziosa per una decina d’anni. Licia fece forza sul suo severo riserbo e si decise a raccontare di sé e di quel che era successo.

Il libro è una riedizione di una prima edizione Mondadori  del 1982, aggiornata dopo l’incontro di Licia Pinelli con il Presidente Napolitano e che ha in aggiunta una ricca appendice di testimonianze (Carlo Smuraglia, Corrado Staiano, Giorgio Bocca, Dario Fo, Franca Rame, Giuseppe Gozzini, Marino Livolsi, Luigi Ruggiu, Bruno Manghi, Elda Necchi, Goffredo Fofi, Mauro de Cortes, Luciano Lanza, Lella Costa) che hanno “Qualcosa da dire” sulla storia di Pino e Licia.

Scaramucci vuole concludere la serata con una lettura, quella di Giuseppe Gozzini, primo obiettore di coscienza cattolico che ha rievocato i giorni in cui, appena informato della morte in questura di Giuseppe Pinelli si trovò a scrivere una lettera in difesa della memoria dell’amico.

“Si è sempre battuto infatti contro l’individualismo delle coscienze addomesticate: lui, ateo, aiutava i cristiani a credere (e lo possono testimoniare tanti miei amici cattolici); lui, operaio, insegnava agli intellettuali a pensare, finalmente liberi da schemi asfittici.”

 

Nelle foto di Adriano Barachetti alcuni momenti della serata di presentazione del libro “Una storia quasi soltanto mia”.

Un pensiero su ““La memoria è un presente che non finisce mai di passare.” A Monte Marenzo il ricordo di Pino Pinelli con il giornalista Piero Scaramucci e Silvia Pinelli”

  1. Non riesco a parlare della strategia della tensione, delle stragi, della morte di un uomo innocente e onesto come Pinelli, degli assassinii delle Br, con gli strumenti della storia. Per quelli della mia età sono vicende troppo vive e ancora dolorose, che solo la memoria si riesce a usare.
    Posso, se a qualcuno interessa, raccontare perfettamente dov’ero in quei momenti, le mobilitazioni, i volantini sfornati dai ciclostili, le infinite assemblee, le conseguenze politiche, civili e culturali che questi fatti lasciarono in noi.
    Io c’ero e posso ricordare: non riesco proprio ad avere il distacco lucido della storia.

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