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Quel mostro della porta accanto

mostro_webQuando si esce di casa è facile incontralo e ci si saluta:

– Ciao

– Ciao

– Come va, e la mamma come sta? Bene? Oh, mi fa piacere, salutala.

Non siamo amici-amici, però ci si conosce da una vita, soprattutto con i genitori.

Appena calano le prime ombre della sera, o meglio quando la notte è assai inoltrata, questa persona si pone davanti al monitor fosforescente del pc, si sveste del perbenismo diurno e diventa un mostro. Vi ricordate la fortunata serie televisiva dei Visitors (anni 1980)? Ecco, la metamorfosi è quella.

Con le mani sfiora la tastiera e comincia a commettere mostruosità.

Clicca mi piace sotto il video del ragazzo down o del barbone picchiati da quattro bulli. Rilancia un post – aggiungendo di suo insulti e dileggi – con il quale si informa urbi et orbi che Tizio, un ragazzino timido e introverso, è un gay, incitandolo così a buttarsi dalla finestra del quarto piano. Lo gratifica molto postare sul proprio profilo Facebook, o su siti altrui, esternazioni orribili e tremende sulla presenza degli stranieri in Italia, invocando su di loro le sette piaghe dell’Apocalisse. Il più delle volte a spingerlo ad essere cattivo non è un’esperienza negativa con uno straniero: non ne abitano nel suo caseggiato, non frequentano gli stessi luoghi. Però, nel suo intimo, percepisce che un adolescente capace di raggiungere l’Italia partendo a piedi dal centro Africa e senza un soldo, può rappresentare un pericolo per il suo futuro, perché cammina più veloce di lui.

In rete è assai diffuso il gioco di umiliare, scorticare, insultare quanti in quel momento finiscono sotto i riflettori della cronaca, massacrando con solerte spirito egualitario sia le vittime che i colpevoli, sia chi la pensa in un modo e chi la pensa in modo avverso. Si lapida e si è lapidati in uno scambio continuo di ruoli, dove alla fine a rimanere esangue sul campo è la virtù della riflessione e del ragionamento, la cultura dell’ascolto, il patrimonio dell’azione creatrice.

Generalmente queste piccole/grandi mostruosità non sono di una persona sicuramente malvagia, piuttosto sono il frutto di una fragile stima della propria identità e di una colpevole difficoltà a comprendere la tempesta storica e ambientale che scuote il mondo. Però sono comportamenti pericolosi, che lacerano le persone e mettono in crisi la convivenza, senza mai doverne pagare le conseguenze, perché stanno rintanati nelle sicure pieghe dell’immenso World Wide Web.

Già il Web. I tragici fatti di cronaca di questi giorni hanno aperto un confronto, anche aspro, sul potere dei social, veri e propri fiumi in piena, che inarrestabili tutto trascinano per ogni dove. La possibilità di spiare e intervenire nelle vite degli altri non è più riservata al Grande Fratello o a un Potere onnipervasivo, come si raccontava nei vecchi romanzi del ‘900. La rete dà ad ognuno il potere di entrare nelle esistenze di milioni di persone, finite nelle sue maglie anche per scopi nobili e con intenti pacifici. La rete dà ad ognuno il potere di farsi ascoltare e leggere da un numero incredibile di persone, come mai era avvenuto prima.

Ovviamente ci rifiutiamo di considerare il Web e i social sistemi dotati di intelligenza propria, e quindi di responsabilità oggettiva. La rete, come la macchina a vapore, l’elettricità e la televisione c’è, è meravigliosa e assai utile e ce la teniamo. La questione è come usarla senza che faccia disastri come una bomba ai neutroni.

Chiedere in forza di legge di rimuovere un post tossico non risolve granché. Chiunque interessato a diffondere veleno è in grado di scaricarlo e rilanciarlo all’infinito quando vuole. Un testo, una immagine, un audio in giro per il Web è una metastasi resistentissima, capace di scomparire per poi rigenerarsi quando meno te l’aspetti. Mentre considero giusto avere un sistema giudiziario in grado di individuare e colpire in rete quei reati penali come avviene nei confronti dei media tradizionali (tipo diffamazione, istigazione a delinquere, stalking e via elencando), ritengo altrettanto utile dispiegare tutti i processi di educazione civica e di formazione culturale per essere in rete utenti creativi e responsabili. Ma ancora non basta.

Il Web è come una megalopoli che si estende su tutto il globo, attraversata da milioni di vie che si intersecano. Chi sarebbe così sprovveduto da percorrerla senza precauzioni, senza prestare attenzione agli incroci e ai quartieri pericolosi, considerato il rischio assai alto di cadere vittima dei pirati della strada e dei malintenzionati?

Ecco, la rete va vissuta con la stessa accortezza con la quale si deve guidare nella città più caotica del mondo. E’ comunque un tema di tali dimensioni da rendere difficile individualmente rispondere al “Che fare?”.

Non so voi, io provo a fare così: non postare profili personali dettagliati e ricchi di notizie che riguardano la tua sfera privata; non usare la rete per comunicare e dialogare con utenti del tuo contesto di relazione, ma fai come sempre hai fatto e usa il telefono, scrivi una e-mail, o meglio ancora ritrova il gusto di un incontro per una moderata bevuta; non esporre mai sulla piazza virtuale notizie e immagini private di amici e conoscenti, ma neanche di persone occasionalmente incontrate, senza il loro esplicito consenso. Si potrebbe aggiungere altro, ma per il senso che volevo dare penso basti così.

In sintesi, non date carne fresca in pasto ai mostri in agguato sul Web, ai professionisti della gogna mediatica, e mettiamoci in trepida attesa di vederli morire (digitalmente parlando) per fame.

Un pensiero su “Quel mostro della porta accanto”

  1. “la rete va vissuta con la stessa accortezza con la quale si deve guidare nella città più caotica del mondo” …Vero Angelo, il tuo articolo è completo e perfetto e ci richiama alla responsabilità che abbiamo verso noi stessi e soprattutto verso tutta la società. Cerchiamo di usare questa potente arma del Web con intelligenza, a nostro favore e non per rovinare quel poco che rimane dell’ umanità.
    Grazie per le bellissime riflessioni.

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