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“La rondine e il soldato” in scena al Monastero del Lavello

Le rondini, nel chiostro, si sono rincorse tutto il pomeriggio, stridendo, mentre con Roberto e Francesca abbiamo preparato l’impianto video e audio. Non ci siam fatti intimorire dalla pioggia che è caduta nel pomeriggio. Roberto, da buon e prezioso tecnico, ha detto che la sera non avrebbe piovuto.

Poi, dall’alto, le rondini ci hanno visto preparare la scenografia con Cristina e Graziano e con le ragazze che sono arrivate e hanno idealmente diviso lo spazio scenico “tra il paese e il fronte”: al lato sinistro, sul tavolo, gli oggetti di casa e quanto serviva a scrivere cento anni fa, sulla destra, i sacchi di iuta riempiti di sabbia, il filo spinato, la bandiera. Oggetti d’epoca che tanti amici ci hanno prestato per l’occasione (grazie a Luciana Pagnin, Franco Isacco e Adriano Barachetti).

A sera le rondini si sono quietate, hanno raggiunto i loro nidi sotto i portici del Chiostro minore e a noi piace pensare che anche loro siano rimaste lì ad osservare altre rondini, questa volta con l’aspetto di dodici splendide ragazze, che poco alla volta si sono mosse, intrecciandosi in voluto disordine, nel Chiostro.  Hanno cantato, suonato, danzato e hanno dato voce a madri, mogli, sorelle e soldati che, cento anni fa, affidavano la loro corrispondenza a distanza tra paese e fronte, a lettere, cartoline illustrate e carte postali timbrate dalla censura. Oggi, in pochi secondi si comunica in un gruppo whatsapp per dire, come ieri sera, che è ora di cominciare…

Poco prima, ringraziando il pubblico intervenuto, abbiamo sottolineato che, proprio con l’intento di aprire le porte dell’antico Convento, oltre che alle rondini che lo hanno scelto come ‘casa’ di primavera, a tutti i cittadini, perché lo vivano come un luogo anche per sé, come una loro ‘casa’, la Fondazione Lavello ha nel tempo promosso un ampio Progetto (“Meraviglia e incanto. C’è posto anche per te”).

All’interno di quel progetto, anche l’appuntamento di ieri sera. Un evento, esito di un impegno di laboratorio che ha coinvolto un gruppo di studenti dell’Istituto Superiore Lorenzo Rota di Calolziocorte (classi 3^ B AFM e 4^ G), nell’ambito di un’attività di alternanza scuola lavoro, proposta ai Docenti (Matteo Lentini, Marilisa Carsana e Francesco Amendolagine), su progetto dell’Associazione culturale UPper (con Cristina Melazzi e Sergio Vaccaro) e la partecipazione del Coro Chichecanta di Monte Marenzo, diretto da Renata Tomasella, che ha curato anche il laboratorio “vocale” con le ragazze.

La particolarità di questo lavoro è di essersi basato su una documentazione originale, legata alla cosiddetta ‘gente comune’ del nostro territorio: la storia non ‘ufficiale’, raccontata con le parole, gli scritti, i canti, di chi ha direttamente e quotidianamente vissuto, al paese o al fronte, la tragica esperienza di quella Guerra che si è conclusa proprio cento anni fa, ma che non ha purtroppo segnato la fine delle guerre.

Insieme, negli appuntamenti settimanali dei mesi scorsi con il Gruppo di lavoro, abbiamo decifrato la scrittura minuta dei documenti, l’abbiamo ritrascritta e poi scelto quei brani che sono serviti da copione per la messa in scena. Ed è stata una emozione particolare avere tra le mani quei preziosi documenti, provenienti da Istituzioni e archivi privati e da testimonianze raccolte nel nostro territorio.

In particolare, il Diario di guerra 1915/1916 di Arturo Sala (1889-1978), manoscritto conservato presso la Biblioteca Comunale Monte Marenzo, le cui pagine sono state lette da Martina Canziani, che ha dato voce alla bellissima prosa di Arturo: un ragazzo di 26 anni, con la sola licenza di seconda elementare, partito per il fronte da Olginate, a pochi passi dal “nostro” Monastero e che, come scrive, ha dovuto levare “gli abiti civili per mettere quelli di burattino…”  per affrontare “il grande inganno della guerra”.

Un altro documento che abbiamo esaminato è stata la testimonianza video di Vittoria Mangili (nata nel 1916 a Monte Marenzo) insieme alla corrispondenza privata intercorsa tra sua madre, Maria Tavola, e suo padre, Giuseppe Mangili, partito per il fronte dell’Ortigara appena quattro giorni dopo la nascita della figlia alla quale ha voluto mettere il nome di “Vittoria”. La video intervista, realizzata da Cristina e Roberto Milani (sempre lui, il nostro tecnico), risale al 2008.  Vittoria, che ha da poco festeggiato i suoi 102 anni, è ancora lucidissima: se presente, ieri sera, avrebbe forse tolto la scena alle nostre ragazze, raccontando le sue mille storie di un secolo di vita. Grazie, Vittoria.

Martina Mandelli ha saputo “dare voce” a Maria, china sullo scrittoio di casa, ad augurarsi di essere “una rondine” per raggiungere il suo Peppino là, in “zona di guerra” dove indirizzava le sue lettere. Ester Tentori ha danzato come una rondine, tesa tra volo e dolore, tra la casa e il fronte…

Le “storie” nella Grande Storia sono tante. Le nostre, raccontate ieri sera, sono alcune tra quelle raccolte nei documenti dell’Archivio Comunale di Carenno per la mostra “La fame fa parlare” (a cura di Fabio Bonaiti per il Museo Ca’Martì) e la documentazione dall’Archivio della Memoria di Airuno.

Le ragazze hanno intrecciato queste storie e ciascuna di loro ha dato voce ad una di esse. Durante lo spettacolo si sono alternate al microfono Alessia Vadalà, Boutaina Amrabt, Ester Tentori, Gaia Colombo, Ilenia Esposito, Liliana Ferioli, Manuela Balossi, Michela RotaConti, Vanessa Scarfò e Viola Coco che ha assunto il ruolo di “narratrice” di quanto accadeva cento anni fa.

“Le mitraglie erano numerose e mandavano tale piombo come il contadino che semina il grano. Le bombe cadevano come mele mature scosse da un uragano, ed il cannone faceva sì che tremava la terra come il terremoto”. A far da contrasto al racconto di un brano particolarmente cruento del diario di Arturo Sala, Liliana Ferioli trasforma quelle bombe nella sua palla di ginnastica artistica, mentre Martina Mandelli con la chitarra e Ilenia Esposito con il violino mutano i suoni della guerra in quelli del “valzer dei disertori”.

Nonostante una unica prova insieme, ieri sera le ragazze si sono unite due volte al Coro Chichecanta (e alla fisarmonicista Jessica Cattaneo), che ha “narrato” la storia di cento anni fa con alcuni di quei brani corali che cadenzavano le interminabili marce, confortavano nelle pause di riposo, riportavano alla vita di casa, aiutavano ad affrontare la paura della morte e soprattutto a recuperare una dimensione umana, contro l’assurdità della guerra.

Luigi Pietro Borghetti è stato fondamentale nella preparazione del video che ha accompagnato la rappresentazione e si è assunto l’onere di fare la regia video durante lo spettacolo.

Il Prof. Nevio Lo Martire, Presidente della Fondazione del Monastero del Lavello che ha creduto fortemente in questo progetto, ieri sera era impegnato fuori sede ma ci ha raccomandato di considerarlo idealmente presente e partecipe.

Ma lo spettacolo come è andato? Non sta a noi dirlo, ma i complimenti e gli applausi sono stati tanti, anche per il finale, quando le ragazze hanno detto di aver “dato voce” a quelle persone del passato e di essere, oggi, contro tutte le guerre. Liliana, intanto, intrecciava idealmente quelle storie con un filo arcobaleno…

Gli abbracci con i componenti del coro mentre scorrevano le immagini del backstage, il lancio in aria dei ‘sudati’ copioni, il girotondo intorno alla regia e il liberatorio canto finale hanno coinvolto anche il pubblico.

Grazie a tutti.

Cristina Melazzi e Sergio Vaccaro

 

Il racconto fotografico è di Adriano Barachetti che ringraziamo.

 

2 pensieri su ““La rondine e il soldato” in scena al Monastero del Lavello”

  1. Bella serata e spettacolo ben interpretato dai ragazzi che si sono messi in gioco come sanno fare quando il tema li interessa e li coinvolge; un complimento, perciò, a tutto lo staff….., fortunatamente non ha piovuto e tutto ha funzionato al meglio. Giorgio Toneatto.

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