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Diego Fumagalli: diario di un viaggio umanitario in Bosnia

Conosco Diego dalla nascita. Ha gli stessi anni di mia figlia ed è un vicino di casa.

L’ho visto crescere e farsi uomo. Qualche settimana prima di ferragosto sono in giardino e lui dal suo mi saluta. Gli chiedo dove andrà in ferie e mi spiazza rispondendomi che farà un viaggio umanitario in Bosnia e visiterà Medjugorje. Gli faccio gli auguri e gli strappo la promessa di un racconto al suo rientro.

Quando torna mi consegna un piccolo blocco note con gli appunti delle tappe percorse e le sue impressioni. Leggendole penso che i ragazzi come Diego, con la loro concretezza e la loro passione, ci possono insegnare qualcosa. Grazie Diego.

 

Ecco il diario del suo viaggio.

 

Era da qualche anno che pensavo di fare un’esperienza umanitaria e quest’anno ho trovato il tempo e l’occasione per farlo.

Da anni faccio parte del Gruppo Missionario di Monte Marenzo, aiutando nella Festa Missionaria annuale. Ma un conto è fare una festa qui da noi e mandare contributi alle missioni, un altro inscatolare gli aiuti e portarli in prima persona a chi ha bisogno. Ed è questo che ho voluto realizzare quest’estate.

Mi sono aggregato all’A.R.P.A., l’Associazione Regina della Pace, e alla Caritas. L’obiettivo era portare aiuti umanitari in Bosnia. Con me sono partiti alcuni amici e parenti di Monte Marenzo e dei paesi vicini. Abbiamo caricato i furgoni lunedì 9 agosto nel magazzino dell’A.R.P.A. a Lecco.

 

bosniaMercoledì 11 agosto: è iniziato da Lecco il nostro viaggio. Siamo partiti in tre furgoni, con aiuti di vario genere, alimentari, vestiti, giocattoli e cartoleria. Siamo scesi fino a Bologna, dove ci siamo trovati con altri tredici furgoni. E dopo abbiamo proseguito fino al porto di Ancona, dove ci siamo imbarcati. Alle 20.30 è partita la traversata e alle 7.00 di giovedì mattina siamo attraccati al porto di Spalato.

La compagnia è molto bella, ci sono giovani e meno giovani, ma abbiamo legato subito, conoscendoci e parlando un po’ insieme. Sono curioso delle prossime giornate, quando andremo nei villaggi e cominceremo a consegnare gli aiuti alla gente.

 

Giovedì 12: la sveglia è suonata alle 6.00. Siamo scesi coi furgoni dal traghetto e abbiamo iniziato la marcia verso Sarajevo. Il viaggio è passato veloce, valicando due frontiere, quelle della Croazia e della Bosnia. Siamo arrivati verso le 18.00 a Sarajevo, dove ci siamo fermati per due giorni presso una ex casa dello studente.

La città porta ancora i segni della guerra, anche se sono passati quindici anni dalla fine dei combattimenti: palazzi con segni di proiettili e alcune targhe commemorative per ricordare quei brutti anni bui.

Penso che sia come vedere il nostro Paese molti anni fa, poche grandi città e tutto intorno piccoli paesini o borghi di poche case che vivono di quello che può dare la terra. Poi niente, solo sassi e colline e qualche fattoria. Non deve essere stata facile la vita qui ai tempi della guerra.

 

Venerdì 13: anche oggi ci siamo svegliati presto e siamo andati negli istituti dove è avvenuta la prima consegna degli aiuti umanitari. Due centri psichiatrici e due orfanotrofi, tutti nei dintorni di Sarajevo. I centri psichiatrici, pieni di anziani lasciati a se stessi, mi facevano immaginare come dovevano essere i manicomi di una volta. Gli orfanotrofi erano fortunatamente meglio curati, anche se purtroppo c’erano diversi bambini con menomazioni, probabilmente dovute alle terribili mine antiuomo.

 

Sabato 14: abbiamo lasciato Sarajevo la mattina presto e nello spostarci ci siamo fermati a consegnare gli ultimi scatoloni a un piccolo campo profughi e a due conventi che sono punti di raccolta per gli aiuti destinati ai bisognosi. Le condizioni del campo profughi erano davvero allucinanti, sporcizia e degrado ovunque.

Questi ultimi due giorni sono stati toccanti dal punto di vista umano: vedere come ancora della gente vive. Si può dire solo che non è possibile! Avendo noi tutto (e lamentandoci di tutto), si fa fatica a credere a questa realtà.

Siamo arrivati a Medjugorje alla sera verso le 21 e abbiamo visitato il centro. Essendo un luogo di pellegrinaggio c’era qualche ristorante e negozietto lungo la via, tutto nato recentemente al seguito dell’affluenza di tanti pellegrini.

 

Domenica 15. La giornata è stata dedicata alla Madonna. Ci siamo spostati col furgone fino alla collina delle apparizioni, dove siamo saliti fermandoci a ogni stazione del monte fino alla cima, recitando il rosario a ogni tappa.

Poi ci siamo diretti verso la chiesa, dove abbiamo ascoltato la Messa in italiano nel grande cortile.

 

Lunedì 16. Sveglia prestissimo per tornare a casa, questa volta via terra, attraversando Croazia e Slovenia, e siamo rientrati in Italia alla frontiera di Trieste.

 

E’ stato un viaggio molto bello, la visita a Medjugorje, ma soprattutto arrivarci coi furgoni, dopo aver consegnato gli aiuti umanitari.

E’ un’esperienza che ti aiuta a capire che anche nel nostro piccolo possiamo fare grandi cose.

 

Domani pubblicheremo le foto del viaggio

 

 .

9 pensieri su “Diego Fumagalli: diario di un viaggio umanitario in Bosnia”

  1. Quando i miei bambini ascoltano a bocca aperta i racconti della loro nonna bis che gli racconta della sua guerra, la seconda guerra mondiale, dei tedeschi, bombardamenti aerei (l’aereo lo chiamavano Pippo forse per resderlo meno terrificante),mi chiedono può tornare ancora la guerra? Purtroppo devo dirgli che in tanti Paesi si vive ancora dentro guerre sanguinarie, la seconda domanda è sempre la stessa: può venire anhe qui la guerra? come se la guerra è un male che viene al di là della volontà dell’uomo…Penso sempre quale sia la risposta giusta, rassicurare con un no o spiegare che la Pace è una conquista che si fonda su equilibri delicati, su un impegno costante, che tutti devono operare per fare crescere una coscenza di pace, che altrimenti la guerra può tornare… di solito opto per la seconda. Penso che a livello di umanità siamo cresciuti dal punto di vista tecnologico ed economico, ma poco dal punto di vista delle relazioni umane, nel 2010 risolviamo ancora i conflitti ricorrendo alla guerra non abbiamo saputo consolidare altre strade. Anche per questo penso sia importantissimo fornirci e fornire ai nostri figli dei ricordi di guerra, che faccia da spauracchio e ci aiuti ad essere operatori di pace.

  2. I ragazzi come Diego, con la loro concretezza e la loro passione, ci possono insegnare qualcosa. Così concludevo la presentazione del suo diario di viaggio.

    Cosa ci insegna Diego?

    Per rispondere devo fare una premessa.
    Oltre a Diego, un’altra mia vicina di casa, Nicoletta, una ragazza di poco più di vent’anni, ha fatto, per ben due volte (ed ogni volta per sei mesi), un’esperienza di volontariato in Brasile presso una casa-famiglia per aiutare e dare una casa, fisica ed affettiva, ai bambini e agli adolescenti da 0 a 18 anni che si trovano in situazioni di povertà, malattia, rischio di abbandono e di violenza.
    Sono un uomo fortunato, abito a pochi metri da due ragazzi in gamba, ma se ci penso la mia fortuna è più grande.
    Gli esempi di Diego e Nicoletta sono solo due, fra tante altre persone di Monte Marenzo, che hanno deciso di lasciare per un attimo il nostro mondo fortunato per aiutare gente in difficoltà in altri Paesi.
    Ce ne sono tanti a Monte Marenzo: Dario Carsana, con le sue esperienze presso le missioni in Africa; Pierluigi che ha raccontato della sua esperienza in India; Don Giuseppe, volontario in Albania; e tanti altri…
    E poi ci sono i volontari che operano sul nostro territorio e qui in paese. Chi attraverso le tante Associazioni di Monte Marenzo (e il numero è davvero impressionante), e chi, senza nessun vincolo di associazione fa volontariato per conto suo.

    Un’altra considerazione: il volontariato nasce dalla spontanea volontà dei cittadini di fronte a problemi non risolti, o non affrontati, o mal gestiti dallo Stato e dal mercato. O, come nei casi visti da Diego e da Nicoletta, i problemi sono frutto di povertà o di guerre.
    Allora, siccome i problemi del mondo sono infiniti, ci sarà sempre più bisogno di volontariato, non se ne potrà fare a meno. Ma si chiede anche alle Istituzioni e ai Governi di fare la propria parte e, come cittadino italiano, comincio a chiederlo alle Istituzioni ed al Governo italiano.

    Quindi la risposta alla domanda “Cosa ci insegna Diego?” forse è questa:

    Diego, Nicoletta, Dario e tutti gli altri ci insegnano l’alto valore del volontariato, il senso della solidarietà, della giustizia sociale e dell’altruismo.
    Tutti questi uomini e donne che mettono a disposizione il loro tempo, la loro capacità, il loro amore per persone in difficoltà, o per il benessere fisico delle persone, o per la tutela della natura e degli animali, o per la conservazione del patrimonio artistico e culturale, sono gente che hanno capito (come lo ha capito Diego che ce lo dice nell’ultima riga del suo diario), che “anche nel nostro piccolo possiamo fare grandi cose”.

  3. grazie Diego,il tuo racconto mi ha stimolato ed incuriosita, è una esperienza la tua che vorrei fare anche io, chissà se riuscirò a farla prima o poi.

  4. Diego, in poche righe di una prosa asciutta e lucida, ci fa partecipi delle sofferenze di un popolo e di una terra ancora piegati dalle ferite di una guerra civile che ha scosso le nostre coscienze. Le case mitragliate, i campi profughi, le mutilazioni fisiche e morali, gli hanno fatto cogliere quanto sia importante vivere in pace e in democrazia, e come di frequente ci dimentichiamo di apprezzare sino in fondo questa nostra condizione.
    Eppure, caro Diego, ti garantisco che all’epoca dei fatti di cui tu hai visto le conseguenze a Sarajevo, ben pochi seppero vedere il rischio che, nel cuore dell’Europa e alle soglie del 2000, l’odio etnico e la contrapposizione tra le regioni dell’ex Jugoslavia avrebbero portato ad una immane tragedia, con il corollario di massacri, deportazioni, campi di concentramento e culminato nel genocidio di Srebrenica.
    Mi ricordo ancora le parole di Milovan Gilas, uno dei massimi intellettuali ed eroe della lotta al nazismo, che vide nei primi movimenti nazionalistici il rischio di forti tensioni, ma escluse che nel cuore della civilissima Europa e dopo quarant’anni di convivenza pacifica si potessero verificare situazioni in qualche modo paragonabili ad una guerra civile.
    Invece guerra civile fu e fu terribile.
    Ho voluto ricordare questo perché è importante che tutti sappiano, ma soprattutto i giovani come Diego, che la convivenza pacifica, la democrazia, la tolleranza, non sono mai conquistate una volta per sempre. Vanno difese e nutrite ogni giorno, con i comportamenti e i gesti quotidiani di ciascuno, come con le politiche giuste di chi ci governa.
    Comunque, complimenti a Diego per le sue riflessioni, che spero stimolino altri ad allargare la conoscenza e la visione sulle cose del mondo.
    Angelo.

  5. carissimo DIEGO come Sindaco mi congratulo con te per il tuo diario che racconta la tua prima esperienza in un viaggio per portare aiuto alla gente che causa la guerra e le ingiustizie stanno ancora soffrendo.Come amico ti dico che questa tua esperienza con la grande volontà di essere in prima fila utile a chi sofre ti arrichisce dentro e sono certo che le persone che avete aiutato non ti dimenticheranno mai.Grazie ciao Gianni

  6. La mia non è stata un’esperienza sul “posto”, ma mi hai ricordato la mia piccola esperienza. Circa 15 anni fa, con l’Associazione Mir Sada ho preparato dei pacchi di aiuti per alcune famiglie della Bosnia. E’ stata una piccola cosa, ma ogni mese era un impegno piacevole, cercare il cartone adatto e le “cose” da mettere dentro. Mi aiutava mia figlia che all’epoca aveva tre anni.
    Grazie Diego. Mi hai ricordato quei momenti. Ho sperato e spero ancora che quel poco che ho fatto abbia dato anche un minimo sollievo a quelle famiglie.
    Grazie Diego, abbiamo bisogno di persone che facciano esperienze come la tua e che le raccontino.

  7. Il racconto di Diego mi ha fatto ricordare il viaggio con mia moglie in India, nelle Missioni Paoline, ma sopattutto il grande impegno che nasce all’interno del Gruppo Missionario Parrocchiale.
    Quando Diego mi ha raccontato questa esperienza mi ha reso felice, anche perché ha colto in pieno il messaggio che il gruppo stesso lascia.
    Bravo Diego! Prossima tappa tutti insieme da Suor Rosa in Albania.

  8. I racconto di Diego mi ha molto colpito per come è scritto con semplicità e naturalezza, anche se credo che quello che a visto non sia così semplice da spiegare su foglio di carta.

    Mi congratulo con diego perchè fare queste esperienza non è da tutti e sono contento di poter dire che conosco persone così, che donano tempo alle persone meno fortunate…

    Grande Diego Complimenti

  9. Viaggiare è la cosa migliore che una persona possa fare. Continuare a scoprire luoghi diversi ti fa crescere enormemente e ti consente di crearti una sensibilità verso persone e culture diverse.
    Un viaggio come quello di Diego, poi, è sicuramente impegnativo fisicamente ma sopratutto emotivamente.
    Il solo immaginare come possa essere stata la vita in certi luoghi di morte e distruzione quando li vedi con i tuoi occhi è una sensazione non facile da metabolizzare per noi che, come dice giustamente Diego, abbiamo tutto e ce ne lamentiamo.
    Prendendo spunto dal bellissimo racconto di Diego, porto la mia piccola testimoniaza.
    Di ritorno da un viaggio in Sicilia sono passato da L’Aquila: mentre attraversavo l’unica via del centro storico accessibile, tra zone rosse presidiate dai militari e palazzi pronti a crollare puntellati con sostegni di ogni tipo, mi venivano in mente proprio le immagini della Sarajevo post-bellica. Un luogo di desolazione, solitudine e abbandono, dove la tristezza invade l’aria che respiri. E ti fa riflettere.

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