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L’affettività in Oratorio

Un pubblico attento e partecipe ha assistito all’incontro in Oratorio con il Dott. Albino Fascendini che ha tenuto  il suo secondo incontro sull’educazione.

Nello specifico il tema di oggi pomeriggio era l’affettività, ma il Dott. Fascendini ha ripreso in parte anche gli argomenti trattati nel primo incontro sullla Comunità che educa.

E’ stato per tutti interessante ascoltare il suo ragionamento sui sentimenti e sulle emozioni delle persone e come educare cercare di queste emozioni.

L’uditorio, composto pricipalmente da genitori giovani e non più giovani, si è confrontato con il relatore sulla difficoltà di guidare i sentimenti e le emozioni dei figli e delle giovani generazioni.

Un pomeriggio stimolante, sia per la simpatia e la competenza del Dott. Fascendini, sia per i numerosi interventi dei presenti.

Ci sarà un prossimo incontro? Ci aspettiamo che Don Giuseppe ce lo faccia sapere.

5 pensieri su “L’affettività in Oratorio”

  1. Io credo sia sicuramente forte la necessità, da parte di genitori ed educatori, di confrontarsi sui temi dell’educazione.
    Ciò vale per la famiglia (tempo fa ricordo incontri molto seguiti in tema di genitorialità, bullismo ecc. organizzati anche dalla Biblioteca), ed anche per la Comunità educante: noi.
    Credo che questi confronti servano agli adulti, perché siano persone solide, credibili, autorevoli, significative, che possano rappresentare riferimenti concreti e incisivi sia per i ragazzi e i giovani che per gli altri adulti con cui si confrontano.

  2. I media hanno facile presa sui nostri figli e su di noi, perchè loro conoscono le leggi della comunicazione.
    Gli esseri umani, e quindi anche i nostri figli, comunicano secondo schemi originali loro propri, molto spesso diversi da quelli dei loro genitori. Imparare a conoscere le leggi della comunicazione è una strategia fondamentale per superare la frustrazione e scoprire che ci sono schemi che facilitano il dialogo. Questo ci rende più agguerriti nel difendere i nostri figli e più entusiasti nel nostro compito di educatore. Insomma, non basta amare. L’esempio di Luciana del contadino è calzante. Aggiungerei che senza conoscere le leggi della natura, però, anche il contadino più volonteroso può non riuscire nel suo compito.

  3. Le mie figlie spesso mi rimproverano di essere troppo “lamentosa”, che di quello che loro fanno “non mi va bene niente o poco”, che le sgrido di continuo.
    Ovviamente questo non mi porta a smettere di educarle, facendo “l’amica” e non la madre, che è il mio ruolo, ma mi fanno riflettere sul mio modo di educare, che troppo spesso è “per” loro e quasi mai “con” loro, come ha ben sottolineato Angelo.

    E’ un caso lampante di “educazione degli educatori”.

    Concordo con i vostri commenti, ma vorrei aggiungere che manca la capacità di cogliere il buono in ciò che già c’è e si vede in giro; e c’è la pretesa, quando si lavora sodo e ci si prepara per essere buoni educatori, di vedere i risultati del nostro lavoro; se non li vediamo ci sentiamo frustrati e demotivati.

    Gli educatori vanno educati alla “pazienza del contadino” (bel libro di Bruno Maggioni che consiglio a tutti, credenti e non), la pazienza cioé di chi prepara il terreno, concima, semina, ma sa che questo non dà garanzia del risultato, che per quel risultato serve tempo, magari sarà un po’ diverso da quello che lui si aspetta e che magari non sarà lui a godere i frutti del suo lavoro.
    Vanno anche educati alla gioia, al gusto di ciò che si è e di ciò che si fa, (come si diceva domenica a proposito di insegnare la capacità di godere di un tramonto) ovviamente non inteso al gusto di essere dei mediocri e crogiolarsi ma al gusto di lavorare per migliorarsi e per migliorare il mondo in cui viviamo, il gusto di vivere.
    Come si fa a educare i ragazzi al valore della patria e di questo bell’anniversario se non perdiamo occasione per lamentarci di questa “povera” Italia e dei suoi cittadini? Gli Italiani siamo noi.

    Come si fa a educare gli educatori? Come per tutti gli altri soggetti:
    – ci si confronta, mettendo in comune le esperienze diverse
    – si ascolta e si parla, senza giudicare
    – si vivono in prima persona i valori che si vogliono trasmettere

    Difficile, sì, ma mi vien da dire che “quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”. 🙂

  4. Quante volte, alla fine di una serata come quella che si è svolta in oratorio sulle sterminate tematiche dell’educare, ci si guardava intorno e, immancabilmente, si esclamava: “Molto interessante, ma siamo sempre quei pochi, tra l’altro già sensibili all’argomento. Possibile che un argomento di questa portata non interessi a più persone?”.
    Io non c’ero l’altra sera, ma scommetto che è andata più o meno così.
    Azzardo qualche riflessione, non perché in possesso del titolo derivante da una genitorialità naturale, ma forte dell’ammonimento che ci rivolse un focoso padre Turoldo: “Padre e madre non sono coloro che generano, ma coloro che educano”.
    E considerato che per anni mi sono trovato a “condurre” processi e progetti educativi (scuola popolare, progetti per ragazzi e adolescenti, incontri e dibattiti, ecc.), ritengo che i soggetti educanti di una comunità, a mio parere, dovrebbero tentare un approccio diverso alla questione.
    In primo luogo utilizzare gli incontri come quelli dell’altra sera come momenti sì per analizzare e approfondire, ma anche per affilare le armi, elaborare strategie e azioni concrete, in grado di condurre un’offensiva a sostegno del diritto dei nostri ragazzi a diventare persone adulte e cittadini consapevoli.
    La seconda riflessione è avere la forza di fare meno cose “per” i nostri ragazzi e fare molto di più “con” loro. Solo così provochiamo l’assunzione della “responsabilità”, rito di passaggio alla maturità che stiamo smarrendo, mentre è stato un fondamento educante presso ogni civiltà e in qualsiasi epoca.
    La terza è non ricoprire i ragazzi di “detriti”, di merci, quasi fossero validi succedanei di sentimenti e valori (don Giuseppe chiama questo amore, e va bene)che siamo tenuti ad esprimere nei loro confronti.
    Quante volte sentiamo e lamentiamo – ed è la quarta considerazione – che i nostri figli restano adolescenti sino alla soglia dei trent’anni. E’ vero, però non è così infrequente che gli educatori, a loro volta, non abbiano pienamente raggiunto la maturità rispetto al loro ruolo. Ebbene, queste parti della commedia umana non possono essere scambiate: la perdita di una “autorevolezza dolce” da parte del soggetto educante disorienta, fa mancare i necessari riferimenti al ragazzo nei momenti cruciali della propria formazione.
    Se su queste riflessioni (ovviamente ce ne sono molte altre) concordiamo, allora dobbiamo concentrare i nostri sforzi per mettere a punto pratiche, strumenti, modalità, linguaggi, per dare concretezza e gesto al pensiero.
    E’ facile? No, non è facile, perché stiamo ragionando su uno dei compiti più complessi della nostra esistenza. Ma abbiamo alternative? Non credo proprio. Vi confesso che lasciare campo libero a chi considera i nostri figli esclusivamente consumatori di merci da loro controllate, mi girano…

  5. Ci sarà un prossimo incontro?
    Sono felice di organizzare un altro incontro sull’educare, però mi chiedo: questo argomento o, meglio, realtà di vita quotidiana interessa ai genitori e agli educatori? Guardando al numero delle presenze di domenica scorsa non mi è sembrato di cogliere un grande interesse. Chiarifico: dei presenti sì, perchè l’attenzione e le domande poste al relatore sono state positive, però mi sembra di cogliere il fatto che “l’educare” non è per pochi, ma è un impegno che interpella tutta la comunità sia chi ha dei figli che chi non ne ha. Il trovarsi per riflettere insieme come procedere nel campo educativo, come accompagnare questi ragazzi e mettere noi stessi adulti in discussione, è un contribuire alla crescita dei piccoli e di coloro che vivono con noi. Ogni realtà sociale è chiamata a dare il proprio apporto per “raddrizzare” i danni che alcune volte provocano i mass-media, uomini che hanno posti di responsabiltà e nello stesso tempo invogliare a cercare e realizzare il positivo e l’entusiasmo nel volere costruire un futuro più umano e solidale. Siamo consapevoli che “educare” è un problema di cuore? Solo amando e lasciarsi amare si fa brecca in ogni ambito umano e solo nel dare una testimonianza di coerenza di vita si educa. Genitori ed educatori svegliatevi, se vi interessa la crescita delle nuove generazioni fatelo sapere.

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