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Libertà di licenziare. Cosa accadrà? Rispondi al nostro sondaggio

“Libertà di licenziare”, i Sindacati all’attacco annunciano lo sciopero.

“L’obiettivo è assumere, non licenziare”, chiarisce il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi.

Due posizioni diametralmente opposte al nuovo provvedimento del mercato del lavoro contenuto nella lettera d’intenti per affrontare la crisi inviata dal governo italiano all’Unione europea.

Due posizioni che prefigurano scenari assai diversi.

Il meccanismo dovrebbe essere questo nelle intenzioni dichiarate: l’Azienda in crisi avrà la possibilità di mandare a casa lavoratori con contratto a  tempo indeterminato fin’ora tutelati dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Meccanismo già in vigore per le Aziende al di sotto dei 15 dipendenti dove l’art. 18 non si applica. Un articolo che, fino ad ora, ha salvaguardato  i lavoratori da possibili “licenziamenti facili” se non per giusta causa.

Il Governo scrive: “Entro maggio 2012 l’esecutivo approverà una riforma della legislazione del lavoro funzionale alla maggiore propensione ad assumere e alle esigenze di efficienza dell’impresa anche attraverso una nuova regolazione dei licenziamenti per motivi economici nei contratti di lavoro a tempo indeterminato”.

Quindi, tradotto: “maggiore propensione ad assumere”,  “attraverso una nuova regolazione dei licenziamenti”.

Ora, a parte la bizzaria che vorrebbe rilanciare l’occupazione e lo sviluppo attraverso i licenziamenti, dipingiamo i due scenari che si potrebbero prospettare.

Primo scenario, quello disegnato dal Ministro Sacconi e dal Governo Lega-Berlusconi (alla Mulino Bianco, tutto rose e fiori e ottimismo).

Un’Azienda di Monte Marenzo o del Lecchese è in crisi. C’è un esubero di dipendenti. Si fa un accordo col Sindacato, si attivano gli strumenti di ammortizzatori sociali previsti (cassa integrazione, mobilità, incentivi). I lavoratori coinvolti se ne vanno a casa.

L’Azienda più snella riprende a marciare, ha la possibilità di assumere nuove leve con contratti subordinati flessibili (a tempo determinato, con stipendi più bassi rispetto ai lavoratori licenziati). Le cose vanno talmente bene che addirittura, dice il Governo, si assumeranno più persone di prima, magari anche giovani e donne…

Peccato che intanto si siano persi quei lavoratori, magari non più giovani con scarsa professionalità che non troveranno più la possibilità di inserirsi nel mondo del lavoro. Ma questi sono “effetti collaterali” che si devono immolare sul campo di battaglia per combattere la crisi e i mercati. Non importa se i lavoratori suddetti siano anche padri e madri di famiglia, insomma mica possiamo salvare tutti…

Ma vogliamo essere ottimisti fino a credere ai miracoli: i lavoratori espulsi si iscrivono ad un corso regionale di formazione e, da tornitori che erano diventano in un battibaleno esperti informatici…

E allora l’Italia tornerà ad essere più bella e più superba di pria (lo diceva Petrolini vestito da Nerone al popolo che lo osannava perché sapeva dire delle belle parole e intanto Roma bruciava).

Secondo scenario, quello disegnato da quei comunisti di sindacati che vedono sempre tutto nero (della serie  conosciamo  i nostri polli).

Dai tempi dell’introduzione della flessibilità del lavoro (Legge Biagi del 2003), abbiamo visto il proliferare di contratti con scarse tutele e sempre meno vantaggiosi per i lavoratori: dalla somministrazione all’apprendistato, al contratto di lavoro ripartito, al contratto di lavoro intermittente o al lavoro accessorio e al lavoro occasionale, il contratto a progetto o quello a chiamata. Insomma un proliferare di Co.co.co, finte partite IVA, lavori precari, stage gratuiti, assunzioni e licenziamenti  a go-go.

Nell’Italia dove ormai tutto è permesso e nulla si controlla, è facile immaginare che le nuove regole serviranno solo a licenziare e magari poi riassumere pochi lavoratori con stipendi da fame. E i giovani continueranno a rimanere disoccupati (siamo a quota 30% di disoccupazione giovanile).

Senza contare che, senza tutele, i lavoratori sono più ricattabili. Chi se la sentirà ancora di protestare o fare sciopero se i diritti saranno calpestati?

Insomma giudicate voi. Scenario uno o scenario due?

E chissà cosa racconterà la Lega ai «suoi» operai, che hanno perso la sicurezza del lavoro in cambio di una pensione di anzianità che non arriverà mai?

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Rispondi al nostro sondaggio

Oltre a gradire le vostre argomentazioni nel classico spazio dedicato ai commenti, o a dire “mi piace” per chi ha Facebook, sulla destra del nostro sito, sotto gli ultimi commenti, trovi un sondaggio, alla quale  chiediamo ai nostri lettori di rispondere:

  • è giusto, così l’azienda si riprende
  • è ingiusto, perché vivo solo del mio lavoro e “azienda” sono anche i lavoratori
  • è giusto, perché bisogna fare sacrifici per uscire dalla crisi
  • è ingiusto, perché i sacrifici li fa solo chi lavora e chi ha meno
  • è sbagliato, perché senza lavoro = senza stipendi da spendere, l’economia non riparte più

 

 

7 pensieri su “Libertà di licenziare. Cosa accadrà? Rispondi al nostro sondaggio”

  1. E il ministro Sacconi scopre l’arma di DISTRAZIONE di massa (non è un errore di battitura).
    Di fronte al coro di critiche all’eventualità reale di introdurre norme per i licenziamenti facili, Sacconi agita il pericolo terrorismo e “nuclei pronti alla rivolta”.
    In realtà nel mirino ci sono i sindacati che (forse) si uniranno in uno sciopero generale.
    Si cerca così di criminalizzare il dissenso. Come avvenuto a Roma con la protesta di centinaia di migliaia indignati a Roma “cancellata” da pochi black blok violenti (che forse si potevano fermare prima…).

  2. Nella lettera Berlusconi-Lega alla Unione Europea non c’è nessun accenno al taglio dei costi della politica, alla lotta all’evasione fiscale, agli investimenti sulla ricerca, alla sicurezza sul lavoro (che ci costa ogni anno milioni di euro per morti e feriti), a misure contro la corruzione e contro la criminalità organizzata.
    Quindi la volontà del governo è quella di far pagare sempre i soliti (lavoratori, pensionati, disoccupati, giovani).

  3. Come dice Angelo c’è già una legge che consente di licenziare per motivi economici.
    Mentre siamo tutti impegnati a discutere di licenziamenti e pensioni, non vediamo le altre cose contenute in quella lettera. Ma sopratutto non vediamo quello che non c’è in quella lettera.

  4. I lavoratori sono parte fondamentale per la crescita del nostro paese .Lo sanno gli industriali ma vogliono pagarli il meno possibile con contratti da fame e continui ricatti ai Sindacati.
    Lo sa lo STATO che i lavoratori pagano le tasse e vanno rispettati ,piu di altri che hanno faccoltà di evadere.In una crisi globale che stiamo attraversando si esce solo se tutti seriamente industriali lavoratori sindacati con un nuovo governo serio credibile, non deriso in Europa.Diamo fiducia coraggio ai giovani per reagire .

  5. Caro Oliviero, hai colpito nel segno. Non solo.
    Se consideriamo che:
    in aziende con meno di 15 dipendenti è già possibile licenziare;
    la maggioranza della forza lavoro in Italia lavora in queste piccole imprese
    c’è già una legge che consente di licenziare nelle grandi aziende per stato di crisi, e si fa (mai sentito parlare di FIAT?).
    ALLORA, COSA SIGNIFICA TUTTO QUESTO?
    Proviamo a riflettere e azzardare qualche risposta, come Oliviero.

  6. Opzione 2
    Riassumo:
    Durante la “crisi” licenzio il personale che mi costa di più (normalmente quello con più anzianità).
    Dopo la “crisi” riassumo solo il personale più qualificato e strettamente necessario a stipendio inferiore, per il resto utilizzo gli strumenti di lavoro precario già esistenti, oggi mi servono tre persone le prendo … domani non mi servono e le lascio a casa!!
    Quindi è prevedibile che molti 40-50 enni saranno a spasso facendo compagnia ai giovani!!
    E’ plausibile?

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