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Sulla conquista del megastore di Ponte Milvio

Il fatto è noto. Alcuni giorni fa a Roma si è inaugurata l’apertura di un megastore di elettronica con prodotti fortemente scontati. Tutti i media hanno descritto la paralisi della città per le code interminabili, i bivacchi dalla sera prima, la carica caotica agli scaffali per appropriarsi degli ambiti oggetti (iPad, iPhone, notebook, schermi LED, e via elencando).

Il commento dei chiosatori del costume nazionale è stato quasi unanime: uno spettacolo esecrabile, un penoso delirio collettivo, l’ultima carnevalata prima di una durissima quaresima.

Invece no. Può darsi sia la riproposizione moderna degli antichi miti per l’appropriazione del tesoro, e gli spintoni, la veglia notturna all’addiaccio, rappresentano le difficoltà imposte dalla sua ricerca. Il tesoro non è un dono gratuito dal cielo e la sua conquista è soprattutto uno sforzo umano.

L’oggetto che si conquista può far sorridere (nel caso di Ponte Milvio, prodotti digitali), ma al pari del vello d’oro per gli Argonauti, del Graal per i Templari, di un ciuffo di piume per i nativi della Nuova Guinea, emana per chi lo possiede un’aura magica che dona conoscenza e potere e, a dispetto della loro totale materialità, forza interiore (come la spada sfilata dalla roccia per Artù). Questo lo si può intuire da mille segni, in primis dalla ritualità dei gesti con i quali si accarezzano le sagome levigate di un iphone, che tra le mille funzioni la più importante è quella di possederlo.

Quindi presterei attenzione a liquidare questi eventi con supponenza. Se registriamo movimenti tellurici sotterranei poco comprensibili, che paventiamo possano incrinare e far rovinare le nostre stanche certezze, per favore, non leggiamoli come sintomi inequivocabili di una ineluttabile decadenza. E’ invece probabile che nel magma in ebollizione, con fatica e in modo non rettilineo, si stiano formando i miti di una classicità inedita che saranno cantati nelle narrazioni future.

3 pensieri su “Sulla conquista del megastore di Ponte Milvio”

  1. Non sono d’accordo. È, a mio parere, spiegata meglio da un mio “amico” che diceva che lo fanno “per dimostrare che non sono quello che pensano che gli altri pensino di loro” cioè devono “sentirsi parte” e non esclusi, al margine della società.
    Perché tutto ciò possa diventare “mito” deve così passarne del tempo. Per ora é un fenomeno temporaneo e fugace. Non sappiamo, infatti, quanto durerà tutta questa “cuccagna”. Resta comunque interessante e stimolante, come si vede, l’idea di verificarlo
    sul mito.

  2. penso si possa riassumere tutto in questa riga:

    “che tra le mille funzioni la più importante è quello di possederlo”

    perchè di fatto ben pochi sanno come e quando usarlo.

    come (quasi) sempre, comunque, Angelo è un piacere leggere i tuoi scritti
    ciao a tutti

    p.s.
    chissa upper che fine ha fatto ?
    chissa le riunioni ?
    chissa gli incontri ?
    chissa i riassunti ?
    chissa le commissioni ?
    chissa tutto……. probabilmente, anzi sicuramente NESSUNO.

  3. E’ verissimo! Già nel 1982, V.Turner, nel suo trattato antropologico “dal rito al teatro”, scriveva:
    “… i fenomeni liminali sono di solito collettivi, legati a ritmi stagionali, biologici o sociostrutturali, oppure a crisi dei processi sociali, siano esse prodotte da assestamenti interni, da adattamenti a situazioni esterne o da misure intese a porre rimedio a eventi negativi. In breve, i fenomeni liminali appaiono in quelle che possiamo chiamare ‘fratture naturali’, interruzioni cioè del flusso dei processi sociali. Essi sono dunque IMPOSTI da una NECESSITA’ SOCIOCULTURALE, e tuttavia contengono la libertà e la potenzialità per la formazione di nuovi simboli, modelli e credenze.”
    Se poi si volesse approfondire la questione, a questo link:
    http://bidieffe.net/bdf-4-10-%E2%80%93-stefano-tomelleri-la-disgregazione-del-sociale-nell%E2%80%99orizzonte-del-discorso-del-capitalista/
    si può vedere un pezzo del seminario “La disgregazione del sociale nell’orizzonte del discorso del capitalista”, dove Stefano Tomelleri dà una lettura filoantropologica -un pò alternativa- proprio a questo tipo di “fenomeni”
    (consigliato solo per chi ha molta curiosità sull’argomento e soprattutto un’ottima connessione adsl!!!)

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