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L’applauso per Mario Panzeri e i suoi 14 ottomila

Serata veramente speciale, quella di ieri, alla Kong di Monte Marenzo, in occasione della 6^ edizione della KONG Open Day.

Ospite d’onore è stato Mario Panzeri, l’alpinista Lecchese, (nato a Costa Masnaga e residente a Mandello) classe 1964, terzo italiano a scalare, senza l’aiuto dell’ossigeno, tutte le 14 cime superiori agli ottomila metri.

Un vero e proprio monumento dell’alpinismo mondiale.

Lo avevamo intervistato tre anni fa https://www.unpaeseperstarbene.it/2010/tanta-gente-allopen-day-della-kong/, sempre in occasione dell’Open Day alla Kong, che aveva appena scalato gli 8027 metri del Shisha Pangma, in Tibet e quando ancora gli mancavano 3 degli ottomila dopo averne scalati 11.

Lo ricordavo come è da sempre (e oggi non è cambiato): un personaggio umile e schivo, nessun atteggiamento da divo, addirittura intimidito davanti all’obbiettivo di Giorgio Toneatto che venne con me a scattare qualche fotografia.

Ieri sera non volevo intervistarlo, volevo solo assistere da spettatore alla presentazione delle immagini delle sue ultime tre imprese ed al suo racconto.

Panzeri era già alla Kong dal pomeriggio, esattamente come tre anni fa, a tenere in sicurezza alcuni bambini mentre scalavano la parete attrezzata di un capannone della fabbrica di Monte Marenzo, famosa nel mondo per la produzione dei suoi moschettoni.

Chissà se quei bimbi si ricorderanno di essere stati aiutati da un grande dell’alpinismo mondiale.

Poi a sera, all’interno di un altro capannone, molti appassionati hanno ascoltato Mario Panzeri raccontare mentre scorrevano le immagini del primo filmato con la conquista, nel 2011 del Kangchenjunga (8 586 m) e del Gasherbrum I (8 068 m).

Panzeri riferisce delle tappe di avvicinamento, descrive le persone che ha incontrato, il lavoro prezioso dei portatori, la bellezza dei luoghi che ha attraversato. E poi l’impresa alpinistica vera e propria, e l’incontro con l’ex surfista australiano Blair Falahey, a parlarsi in alta quota, sotto la neve e protetti dal vento, ognuno nella sua minuscola tenda, in attesa dell’ascesa finale, in un divertente colloquio sul meteo e sulla strategia di salita in inglese con accento lecchese, preceduto da un “fanculo Blair” e “fanculo Mario” come un amichevole saluto (risate del pubblico).

All’inizio del secondo filmato scorrono le immagini le date e i nomi dei 13 ottomila conquistate fino all’ultima impresa. I nomi sono da capogiro, come i metri di altitudine:

1988 – Cho Oyu (8 201 m)

1992 – Everest (8 856 m)

1996 – K2 (8 611 m)

1997 – Lhotse (8 516 m)

2005 – Annapurna (8 091 m)

2006 – Makalu (8 463 m)

2006 – Gasherbrum II (8 035 m)

2008 – Nanga Parbat (8 125 m)

2008 – Broad Peak (8 047 m)

2009 – Manaslu (8 163 m)

2010 – Shisha Pangma (8 027 m)

2011 – Kangchenjunga (8 586 m)

2011 – Gasherbrum I (8 068 m)

E poi il nome della cima che manca: 2012 – Dhaulagiri, in Nepal, 8 167 m.

Panzeri non parla. Parlano per lui le immagini e le numerose riprese video, fatte con la fotocamera digitale che Mario ha imparato ad usare e che documenta i modo drammatico l’ascesa sotto un tempo inclemente, e dopo numerosi tentativi.

Panzeri si filma all’interno della tenda, mostra come scioglie la neve per fare acqua, ci fa ascoltare la musica che sente per distrarsi, l’equipaggiamento e una maglia con un “buona fortuna per il Dhaulagiri “ che gli ha regalato Gerlinde Kaltenbrunner, unica donna tra i 14 alpinisti che, come Mario Panzeri, ha scalato tutti i 14 ottomila.

Mostra la candela che gli ha dato sua moglie Paola, che è la prima persona che Mario chiama quando arriva in cima ad una vetta, per dirle “ce l’ho fatta!”.

E ce l’ha fatta anche stavolta, anche se le riprese mostrano una difficoltà enorme a raggiungere la cima, tanto che Mario stava quasi immaginando l’incubo dell’abbandono.

Gli spettatori in sala sono colpiti e angosciati dal racconto, coinvolti a tal punto che quando finalmente Mario si mostra alla fotocamera stremato, ma felice in cima al Dhaulagiri, che abbraccia il suo compagno Dawa Sherpa, le tute arancio che si stagliano contro l’azzurro del cielo e il bianco della neve, il fiatone e il respiro pesante per la mancanza di ossigeno, scatta uno scrosciante applauso che scioglie la tensione accumulata durante la visione del filmato.

Immaginate cosa è stato quel momento per Mario Panzeri? E’ difficile provare anche un solo millesimo di quella felicità che gli ha fatto dire: “Cima! Ho chiuso il cerchio della mia vita”.

Alla fine della proiezione, nterviene un altro Alpinista, Daniele Bernasconi, presidente dei Ragni di Lecco, che ha condiviso con Panzeri diverse imprese. Con lui, dice, è un  divertimento scalare. Un grande!

Giorgio Toneatto fa qualche scatto (che ci ha mandato e che ringraziamo) e si complimenta con Panzeri per l’efficacia del filmato che ci ha coinvolto tutti.

Il Dr. Marco Bonaiti chiude l’Open day con un saluto a tutti ed un arrivederci a Mario Panzeri che sta già pensando “C’è uno spigolo, lì a destra, del Kangchenjunga, che ho sbirciato… Forse l’anno prossimo….”.

 

 

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