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Margherita Hack a Monte Marenzo

E’ singolare che di incontri con persone eccezionali mi restino impressi dei piccoli particolari, che però ti danno la chiave per comprendere la statura di chi ti sta di fronte.

E’ una sera d’agosto del 1988 sotto un afosissimo capannone della festa de l’Unità di Monte Marenzo. Davanti a me Margherita Hack, la grande scienziata delle stelle, fiera militante della democrazia e della libertà della ricerca, irriducibile avversaria dei fascismi, fa con gusto la scarpetta col condimento in una ricca ciotola di pomodori e cipolle dolci di Tropea.

Sono affascinato dalla precisione del suo linguaggio, sia che parli delle origini dell’universo, come della sua passione per la bicicletta e dell’atletica leggera (fu campionessa italiana di salto in alto). La sua semplicissima tunica bianca cinta in vita da una spessa cinghia di cuoio e i capelli perennemente scarmigliati, emanano la forza di un vita austera, improntata al rifiuto del conformismo di maniera e votata ad un’estrema libertà individuale.

Ci trasferiamo in sala civica, affollata all’inverosimile, dove Margherita Hack ci farà viaggiare nel tempo e nello spazio come lei sapeva fare: rigore scientifico unito ad una rara capacità di divulgazione.

Ho il compito di introdurre la serata. E’ l’ennesimo appuntamento di FestUniverso, un’edizione indimenticabile della festa de l’Unità dedicata ai temi della Terra e dell’intero cosmo, che vede la presenza di ospiti eccezionali, italiani e stranieri.

Confesso che provai un certo timore nello svolgere la breve relazione iniziale e nel porre questioni; timore di dire cose inesatte, o poco appropriate, e di essere ripreso dalla scienziata come uno scolaretto.

Niente di tutto questo: Margherita Hack era dotata di una fortissima umanità e disponibilità. Rispose puntualmente e con pazienza alle domande del numeroso pubblico.

Particolarmente toccante l’incontro con l’allora direttore del planetario di Milano, un vecchio amico salito sino a Monte Marenzo per rivederla e salutarla, e il ricordo di una sua breve permanenza presso l’Osservatorio astronomico di Merate.

Una serata per tutti noi indimenticabile, ma ben presente successivamente anche nella scienziata, quando l’anno successivo Sergio Vaccaro le fece una bella intervista per il periodico del P.C.I., Pais, in occasione delle elezioni europee, che la vedeva candidata.

Come scrisse Jorge Luis Borges, nessuno muore davvero sino a quando qualcuno lo ricordi. Se è così – ed è così – Margherita Hack vivrà per sempre.

 

3 pensieri su “Margherita Hack a Monte Marenzo”

  1. Non ricordo tanti particolari come tu Sergio ci racconti, avendo intervistata Margherita Hack, ma ricordo quella serata davvero straordinaria in cui ella ci parlò dei mondi lontani come raccontandoci una favola e tutti noi, seguendo la cadenza del suo simpatico accento toscano, l’ascoltammo incantati, come ben si vede dalla foto pubblicata. Ringrazio per questa foto, che non sapevo esistesse e che mi ha fatto un immenso piacere poiché ritrae anche me e mia mamma nel lontano 1988, quindi un caro ricordo che mi riconferma quanto le foto siano per tutti il prezioso patrimonio di momenti della propria vita, altrimenti dimenticati…

  2. Non ricordo il dono che facemmo a Margherita Hack quando venne a Monte Marenzo (sì, quello che le sta di fronte sono io, incredibilmente con i capelli neri!). Venne ospite gratuitamente perché in questo paesello la locale sezione del PCI riusciva ad organizzare feste straordinarie con programmi di intrattenimento ma anche di spessore culturale notevole. Così fu quella FestUniverso, il cui “simbolo” era un enorme missile con una scritta strana atterrato qui da un altro pianeta e che ammoniva gli uomini di non esagerare con i loro consumi e le loro stranezze atomiche, perché c’era il rischio che saremmo scomparsi…
    Margherita Hack mi parlò a lungo l’anno successivo, in una intervista proprio dei temi dell’ambiente e di come l’Europa potesse avere un grande ruolo. Sì, quello che mi colpì fu la grande disponibilità di questa donna, della sua attenzione, la sua capacità di ascolto e la forza del suo ragionamento scientifico, basato su dati e non su supposizioni fantasiose.
    E ricordo la sua simpatia e quell’accento toscano che non perse mai, anche se era una vita che risiedeva a Trieste.

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