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Province e aree vaste: le cose non dette

cartaSe gli elettori diranno sì alla riforma costituzionale nel referendum del prossimo autunno, le province spariranno dal nostro ordinamento istituzionale. Naturalmente, una volta fatto il buco, in qualche modo va ricucito. E questa pezza col compito di ricostruire il tessuto tra comuni e regione si chiama “area vasta”.

Peccato si sia persa, per ora, l’occasione di sistemare in modo organico l’intero impianto delle istituzioni della Repubblica, comprese le Regioni a statuto ordinario e speciale, diventate col tempo divoratrici di risorse finanziarie e incapaci di garantire l’uguaglianza costituzionale dei cittadini italiani rispetto a diritti fondamentali. Infatti, se risiedi al Nord, al Centro o al Sud della penisola, hai trattamenti diversi rispetto al diritto alla salute, all’istruzione, alla casa, alla tutela del territorio, all’esercizio delle libertà religiose, e via elencando.

Non ha svolto un compito migliore la Lombardia governata da Maroni, che il 25 marzo ha partorito una proposta di riordino banale e poco coraggiosa.

In particolare ha mancato due obiettivi importanti, capaci di far decollare la nostra Regione:

  1. ha previsto 8 aree vaste pigramente disegnate sulle Aziende Tutela della Salute (ATS). Questo comporta l’accorpamento dell’intera provincia di Lecco, quindi anche i sei comuni della Valle San Martino, alla provincia di Monza Brianza, senza chiarire minimamente la fine che faranno i servizi ora a portata di mano della popolazione;
  2. non si intende fare il minimo sforzo per mettere ordine al groviglio di istituzioni che soffocano di burocrazia la nostra regione.

Andiamo con ordine.

L’attuale provincia di Lecco è una fetta di territorio costretta tra quattro province: Monza Brianza, Como, Sondrio, Bergamo. In tutti i ragionamenti e i non pochi sproloqui fatti sino ad ora non mi è ancora capitato di sentire cosa significa “andare” con Monza Brianza o, per i comuni della Valle San Martino, “andare” con Bergamo, come auspicano chi sta raccogliendo le firme in tal senso.

Facciamo esempi secchi. Se il nostro territorio aderisce a Bergamo – cosa di per sé non negativa – la nostra gente non potrà più rivolgersi a Lecco per l’INPS, l’INAIL, i servizi socio-assistenziali e amministrativi dell’ex ASL, il Tribunale, l’Agenzia delle Entrate, l’Agenzia del Territorio, la Questura, la Camera di Commercio, la Motorizzazione Civile, e via discorrendo?

Se la stragrande maggioranza degli studenti, dei lavoratori, dei cittadini in generale utenti di servizi e di strutture civili (esercizi commerciali, luoghi di cultura e svago, ecc.) hanno nel lecchese, nella brianza e nel milanese i loro poli attrattivi, come potrà il Piano dei trasporti pubblici di Bergamo garantire servizi fuori provincia?

Pochi esempi per comprendere che prima di buttarsi a capofitto in Monza Brianza, o Bergamo, o Siena (quest’ultima è la provincia più gradita dalla maggioranza dei redattori di UPper), dobbiamo avere delle precise garanzie affinché i servizi indispensabili alla popolazione siano accessibili e vicini, efficienti e in grado di dare le risposte ai nostri bisogni. Chiarito questo, è veramente di scarsa importanza se l’amministrazione politica dell’area vasta ha sede in un capoluogo non propriamente dietro l’angolo di casa. Perché questo è interesse di un ristretto numero di amministratori con cariche istituzionali.

La seconda questione, alla quale la proposta del governatore Maroni (e dei numerosi governi della stessa area politica che l’hanno preceduto) non dà risposte, è il disordine, la ridondanza e la sovrapposizione delle istituzioni lombarde.

Anche in questo caso bastano pochi esempi per capire cosa abbiamo di fronte. Prendiamo in considerazione solo quegli organismi che comprendono l’attuale provincia di Lecco.

ORGANISMI AMBITI TERRITORI
ATS e Area Vasta Monza Brianza – Lecco
Agenzie Per il Trasporto Pubblico Locale Como, Lecco, Varese
Aziende Lombarde per l’Ediliza Residenziale Pubblica Bergamo, Lecco, Sondrio
Prefettura Como, Lecco
Camera di Commercio Lecco

Voi capite come i tanto sbandierati principi sui quali devono reggersi gli organismi di raccordo tra comuni e regione, quali la semplificazione della vita dei cittadini, la dimensioni ottimali e omogenee delle articolazioni istituzionali e la riduzione dei costi della politica, sono annullati dagli interessi di poteri locali non solo riconducibili ai politici, ma a tenaci incrostazioni burocratiche.

Così come, per mancanza di coraggio e di lungimiranza, si sta perdendo l’occasione di semplificare e ripensare profondamente i seguenti enti:

24 Parchi
12 Uffici d’Ambito
13 Consorzi di Bonifica
23 Comunità Montane
10 Bacini imbriferi montani

Dove il problema maggiore non sono tanto i costi degli amministratori, quanto il disperdersi in mille rivoli dei flussi finanziari destinati alle opere sul territorio, facendo venir meno l’aggregarsi di una massa critica di risorse capace di incidere profondamente sullo stato dell’ambiente e dei servizi alle comunità. Se andate a vedere le finalità che guidano questi enti scoprireste come molti abbiano compiti perfettamente sovrapponibili (tutela ambientale e prevenzione dei dissesti idrogeologici, per esempio). In una contingenza economica difficile, questo laissez faire non è più compatibile.

Per chiudere una riflessione sempre meno suggestione fantapolitica, sempre più necessità per reggere nel tempo la strutturale carenza economico-finanziaria dell’ente locale. Parliamo dell’aggregarsi, del fondersi dei piccoli comuni in uno solo. Per esempio, se ci fosse il comune della Valle San Martino, forte di oltre 23.000 abitanti, con un territorio esteso e assai articolato dal punto di vista economico e sociale, potremmo stare in ogni provincia da protagonisti, visto il peso istituzionale e politico. Mentre è probabile che la piccola e singola realtà locale sarà sempre estrema periferia ovunque saremo collocati.

Quando i cittadini del nostro territorio saranno chiamati ad esprimersi sulla questione, dovranno pertanto essere informati, avere tutto chiaro e attendibile su cosa significhi concretamente stare nell’area vasta di Monza Brianza, o di Bergamo, o di Siena, o di qualsiasi altra. Devono avere tutte le garanzie che potranno usufruire dei servizi prossimi alle loro comunità, nonché avere una mobilità adeguata ai propri luoghi di vita e di ogni altro sostegno connaturato al diritto di cittadino attivo e responsabile.

4 pensieri su “Province e aree vaste: le cose non dette”

  1. Sono stufo. In questi ultimi abbiamo, insieme ad agricoltori, coop sociali e industrie, creato il Distretto Rurale La Valle dell’Adda http://www.valledelladda.it È uno strumento aggregativo tra chi produce, per pensare a un futuro diverso, difficile, possibile e sperabile per il nostro territorio. Futuro per il quale già i nostri imprenditori (sì anche gli agricoltori sono imprenditori!) hanno firmato dal notaio un Contratto di Rete e creato un Piano di Distretto strutturando insieme 70 progetti in tema di sviluppo sostenibile e di riutilizzo del patrimonio ricevuto in dono dai nostri predecessori, che vorremmo lasciare in condizioni migliori ai nostri figli e ai nostri nipoti. Il tutto si finanzia attraverso Bandi Europei o Regionali (che vengono pure da soldi dell’Europa) intercettando fondi che oggi l’Italia tende a perdere o disperdere o peggio restituire per l’incapacità dell’enorme e faraonico apparato burocratico di cui ci siamo dotati lungo questi decenni. Apparato che nella continua sovrapposizione o diniego di competenze riesce spesso a generare il nulla. È, ormai, questione di sopravvivenza per le nostre imprese e per noi tutti cittadini: smontare Enti e ridurre il numero delle Leggi. Vorremmo avere a che fare con pochi o come sarebbe previsto di Legge, con un solo Ente, per tutti i rapporti con la Pubblica Amministrazione.
    Sono stufo di questo discutere se stare di qui o sentirsi di là. Io ho provato, sulla mia pelle, a guardare – scientificamente e tecnicamente – un po’ nel futuro.
    MA:
    Che fine ha fatto l’uso della ferrovia in senso “urbano” ? Che fine ha fatto la proposta della zona industriale del Mais che sarebbe stata la prima in Europa realizzata interamente a norme ISO 14.000 (le più strette in senso ambientale)? Che fine sta facendo il più serio progetto di connessione in Rete di tutti i Comuni ? Che fine farà il Piano Territoriale della Provincia di Lecco (che tra parentesi si chiama anche Piano di Area Vasta)?- Chissà se qualcuno lo ricopierà attentamente facendosi pagare lautamente….

    Insomma perché il cittadino o l’impresa devono avere a che fare con tanti, ma tanti Enti? Non può esserci un solo sportello che si prende la briga di districarci nella jungla burocratica? Se la rete funziona la cosa è possibile da casa. Sarei ancora molto, troppo lungo. Per chi è interessato può leggere su http://www.partell.it la riforma amministrativa che propongo.
    Io come cittadino italiano mi sento in diritto di volerlo e di proporlo non come semplice sogno ma considerando che il giorno è già sorto e il momento è quello di farlo diventare realtà. Il mondo di domani è già qui e abbiamo bisogno di una macchina amministrativa diversa, snella, efficiente e che si appassioni nel dare una mano a far funzionare le cose al meglio…. per tutti.
    Possiamo discuterne.
    Scusate e Buona Notte!

  2. ndr
    Il Presidente di Confindustria Maggi ,che ha fatto pochi mesi fa la fusione con Sondrio, ha auspicato per la Camera di Commercio : “l’unica possibilità realistica per Lecco é l’unione con Como”

  3. Gentile redazione di Upper,
    mi sembra doverosa una breve e concisa replica a nome dei numerosi volontari che si stanno impegnando nella raccolta firme.
    Con mio dispiacere, chi ha scritto questo articolo non è passato nei nostri numerosi e frequenti punti raccolta firme e penso non abbia nemmeno letto le aggiornatissime FAQ all’interno del sito: http://www.valsanmartinoconbergamo.it/.
    In questi luoghi, fisici e virtuali, si è ovviamente parlato dell’inevitabile spostamento di servizi e uffici amministrativi e delle conseguenze dirette sul nostro vivere quotidiano.
    Certamente la situazione è di grande incertezza (di oggi la notizia che il presidente della Camera di Commercio, dopo aver stipulato un accordo con Sondrio, afferma che l’unica strada è quella di guardare a Como),dovuta alla Riforma delle Autonomie di Regione Lombardia o alla Riforma dell’assetto istituzionale locale della Legge Delrio sinceramente a Noi poco importa …
    Quello che noi affermiamo è che accettare l’accorpamento a Como e Monza sia un autentico salto nel buio: una situazione di rischio puro che invece con Bergamo non si affronterebbe ed è subito necessaria una raccolta di adesioni in quanto le Amministrazioni comunali sono state già chiamate ad esprimersi nell’iter di organizzazione delle Nuove Aree Vaste.
    Queste considerazioni poi non possono prescindere dalla storia secolare che ci lega al territorio orobico, per la cultura comune, per la difesa dell’identità territoriale che è nata e si è sviluppata con Bergamo (e non Siena ….) .
    Aldilà del dibattito, su almeno un paio di punti dovete concordare: che senza il nostro “input” queste decisioni sarebbero state prese a “scatola chiusa” senza minimamente informare la popolazione (vedi Assemblea dei sindaci della Provincia di Lecco dello scorso Aprile) e che farsi un’opinione o almeno farsi due domande su un problema che riguarda la collettività, non è mai inutile.
    Personalmente poi non potete che trovarmi d’accordo che per alleviare la mancanza delle risorse degli enti locali sia necessario un polo a livello di Valle San Martino, magari meglio un’Unione di Comuni che una fusione …, e che il numero elevato di enti intermedi con circa le stesse funzioni (es. BIM, Comunità Montane ..) non sia solamente uno spreco di risorse non più accettabile ma sia anche inefficiente (diversi studi a cui ho partecipato lo dimostrano).
    Chiudo rilanciando che nelle prossime settimane saranno organizzate alcune assemblee pubbliche sul tema in tutta la Valle San Martino e vi invito calorosamente a partecipare.

  4. Interessante articolo, anche per come intercetti gli auspici e l’azione del “Comitato Val San Martino con Bergamo” persino dove apparentemente ne critichi l’operato.
    “Se il nostro territorio aderisce a Bergamo – cosa di per sé non negativa – la nostra gente non potrà più rivolgersi a Lecco per l’INPS, l’INAIL, i servizi socio-assistenziali e amministrativi dell’ex ASL, il Tribunale, l’Agenzia delle Entrate, l’Agenzia del Territorio, la Questura, la Camera di Commercio, la Motorizzazione Civile, e via discorrendo?” si chiede nell’articolo. Per tale domanda la risposta viene data dallo stesso articolo, qualche riga più sopra:
    “Non ha svolto un compito migliore la Lombardia governata da Maroni, che il 25 marzo ha partorito una proposta di riordino banale e poco coraggiosa.
    In particolare ha mancato due obiettivi importanti, capaci di far decollare la nostra Regione:
    1. ha previsto 8 aree vaste pigramente disegnate sulle Aziende Tutela della Salute (ATS). Questo comporta l’accorpamento dell’intera provincia di Lecco, quindi anche i sei comuni della Valle San Martino, alla provincia di Monza Brianza, senza chiarire minimamente la fine che faranno i servizi ora a portata di mano della popolazione;
    2. non si intende fare il minimo sforzo per mettere ordine al groviglio di istituzioni che soffocano di burocrazia la nostra regione.”
    Dunque, tornando alla domanda e ancor più specificando la risposta: la gente della Val San Martino corre il grosso rischio di non poter più usufruire dei servizi amministrativi e istituzionali ora facenti capo alla Provincia di Lecco perché, molto semplicemente, nessuno – e si ribadisco: nessuno – sa dire che fine faranno tali servizi. Tuttavia, la cronaca nazionale recente e il modus operandi della politica degli ultimi anni, fatto di (sovente insensata) spending review, conseguenti tagli, razionalizzazioni ergo chiusure di uffici e relativi accorpamenti e quant’altro, non lascia sperare nulla di buono circa il mantenimento dei servizi attuali in Lecco.
    Posto ciò, a fronte di un tale rischio di frammentazione amministrativa derivante da una concreta confusione – quella segnalata dallo stesso articolo, appunto – ci si chiede: non è a tal punto più opportuno rientrare in una provincia/Area Vasta perfettamente strutturata dal punto di vista amministrativo e burocratico, con ciò non facendo altro che riallacciare in modo concreto il legame culturale, antropologico e sociologico secolare che unisce la Val San Martino con il territorio di Bergamo? Meglio una tale opzione, che nel caso comporterà il solo adeguamento dei servizi attuali per attuarne la comprensione in quelli già attivi in seno a Bergamo, oppure un vero e proprio salto nel buio, peraltro verso una nuova Area Vasta che avrà come centro principale un (attuale) capoluogo di provincia che dalla sua nascita non ha mai funzionato a dovere? Ovvero una città come Monza che fin dall’industrializzazione otto-novecentesca è un sobborgo di Milano – e lo potrebbe diventare ancor più in futuro, con la nuova Area metropolitana milanese – dunque un’entità priva di reale e autentica identità istituzionale e amministrativa? Per dirne una, la provincia di Monza è la più cementificata d’Italia: un ottimo tanti quanto desolante esempio della mala gestione a cui il territorio monzese-brianzolo è stato sottoposto.
    Insomma, potremo facilmente diventare la periferia della periferia (di Milano), ovvero un territorio marginalizzato, slegato dal resto della nuova entità amministrativa e corrente seri pericoli di alienazione culturale – come è capitato in altri contesti diversi nella forma ma simili nella sostanza.
    Inoltre:
    “La seconda questione, alla quale la proposta del governatore Maroni (e dei numerosi governi della stessa area politica che l’hanno preceduto) non dà risposte, è il disordine, la ridondanza e la sovrapposizione delle istituzioni lombarde. (…) Voi capite come i tanto sbandierati principi sui quali devono reggersi gli organismi di raccordo tra comuni e regione, quali la semplificazione della vita dei cittadini, la dimensioni ottimali e omogenee delle articolazioni istituzionali e la riduzione dei costi della politica, sono annullati dagli interessi di poteri locali non solo riconducibili ai politici, ma a tenaci incrostazioni burocratiche.”
    Perfetta motivazione a sostegno del ritorno della nostra valle con Bergamo, per non essere coinvolti in meri giochi di potere e di “poltronismo” tipicamente italico: in una nuova Area Vasta che avrà, inevitabilmente, tre teste, ovvero Monza, Lecco e Como, chi comanderà? Chi avrà più voce in capitolo? Chi vorrà avere più potere delle tre, ovvero più interessi a proprio favore, più capacità decisionale – e più poltrone, appunto, dacché alla fine si finirà certamente lì?!? Chi ci potrà assicurare che i citati “interessi di poteri locali” non finiranno per aggiungere confusione alla confusione? Ovviamente nessuno, posta appunta la realtà storica recente del nostro paese. Dunque, anche in questo caso, il ritorno della Val San Martino con Bergamo è la risposta migliore e più conveniente ovvero, se preferite, quella che presenta infinitamente meno rischi che qualsiasi altra.
    Chiudendo l’articolo, viene affermato che i cittadini “Devono avere tutte le garanzie che potranno usufruire dei servizi prossimi alle loro comunità, nonché avere una mobilità adeguata ai propri luoghi di vita e di ogni altro sostegno connaturato al diritto di cittadino attivo e responsabile” – nonché, aggiungo, il miglior ambito possibile per la preservazione attiva e consapevole della propria identità territoriale, in senso culturale in primis ma non solo – cosa peraltro affermata anche dai vai testi istituzionali emanati dalla Regione e dalle Provincie in tema di Aree Vaste. Benissimo: tali garanzie la nuova Area Vasta Monza, Como e Lecco non le può garantire, così come – lo si ribadisce – nessuno può garantire la permanenza dei servizi attuali presenti a Lecco e provincia. Bergamo non ha bisogno di garantire nulla, avendo già tutto. C’è solo da ritornare a poterne usufruire, ovvero ritornare a poterci dire quello che da secoli e in modo innegabile siamo: bergamaschi.

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