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Una sera di luglio, Anna Maria…

“Una sera nella mia stanza mi sono inginocchiata, ho sentito dentro di me una forza che mi spingeva a scrivere. Non riuscivo a sottrarmi perché le parole precedevano la penna. Così è nata la poesia Amare”.

Con estrema semplicità Anna Maria Scapolo ci ha fatto capire come il poeta – e lei è poeta – sia un sismografo sensibile che lascia sul foglio la traccia dei sussulti dell’anima, i movimenti tellurici profondi capaci di scuotere e rimescolare l’esistenza di quanti sanno abbandonarsi alle sue vibrazioni.

Martedì, nel salone dell’oratorio di Monte Marenzo, Anna Maria ha donato ad un pubblico foltissimo la sua opera, Il seme sotto la neve. Tutti hanno percepito che quelle composizioni, magistralmente sfogliate dalla voce di Elisa Barachetti, prima di essere letteratura e metrica, sono lo svelamento autentico dei passaggi fondamentali di una vita, vibrazioni che hanno saputo creare in questa sera di luglio una atmosfera magica, satura di emozioni e partecipazione.

L’età aurea e piena di fantasie dell’infanzia e dell’adolescenza, i primi turbamenti giovanili, il miracolo della maternità, la tragica mancanza del figlio Davide, sono lì come in un tempo fermo e tutti possono toccarli, condividerli.

Una serata speciale, guidata in porto con sicurezza e sensibilità da Massimo Tavola, che ha richiamato “la potenza della parola come forza creatrice, terapeutica” – sono parole sue -, per unire con un filo rosso i diversi momenti dell’evento.

Elisa Barachetti legge Il viaggio di Eliana, racconto autobiografico di Anna Maria tra i campi e i filari di viti della provincia veneta. La voce giovanile e calda di Elisa materializza la bambina che scorrazza in bicicletta sui sentieri tra fontanili e grilli, indignata testimone della fatica contadina, sensibile nel percepire il pathos sacro della natura, come nel cogliere nelle preghiere serali della nonna i riti di una religiosità antica. Come dirà in un successivo intervento il dott. Pigazzini, “…questo vissuto lontano nel tempo è capace di colmare i possibili vuoti, il nulla dell’età adulta, è cura efficace dell’angoscia del presente”.

Mentre Elisa termina l’ultima parola entrano in scena i tre musicisti, Massimo Deo chitarra, Emanuele Panzeri chitarra e voce, Andrea Dall’Olio violino: decisamente bravi e capaci di aggiungere virtuose vibrazioni sonore alla musicalità della parola.

A colorare Il viaggio di Eliana hanno scelto Somewhere over the rainbow, famosissimo inno alla speranza e alla certezza che da qualche parte c’è un luogo bellissimo e migliore che ci attende. Le note scivolano sulle persone come linimento sulle ferite.

Si susseguono in un crescendo altre poesie e altre musiche.

Figlio, mio Figlio, dove il verso “Sei nato plasmato per me” è l’occasione per una riflessione originale della quale diremo più avanti. E quale commento musicale migliore di Ave Maria di De Andrè?

Maternità, ovvero educarsi alla genitorialità con uno smarrimento in più. La difficoltà di rinascere a Monte Marenzo per seguire lo sposo Gianmarco, dove l’abbandono dei luoghi della giovinezza è vissuto come sradicamento, dolorosa evaporazione degli affetti e dei paesaggi lasciati.

Massimo interroga delicatamente: “Siamo giunti al cuore del nostro incontro. Con Già ci sei Anna Maria racconta la scomparsa tragica del figlio Davide. Cosa ti senti di dire, Anna…?”

La risposta è lancinante: “Questa poesia l’ho scritta nel 2010 per condividere il dolore di Raffaella, la mamma di Massimiliano, compagno di scuola di Davide, anche lui morto drammaticamente… E questa poesia è toccata anche a me, l’ho tirata fuori per mio figlio Davide e per il suo amico Luca”. Insieme, fianco a fianco nell’ultimo cammino.

“E Il seme sotto la neve che dà il titolo alla raccolta?”, chiede Massimo.

“Mi è capitato più volte in questi tre inverni di andare al cimitero imbiancato dalla neve. Sento un senso di leggerezza e di speranza, perché il seme sotto la neve non muore, è lì, pronto in primavera a sbocciare”.

Elisa interpreta Anna

Già ti sento

Nelle grida di una vita adolescente

Che si apre al nuovo.

Ti vedo, ti sento.

Tu mi manchi,

ma già ci sei.

lacerata dall’abbandono, ma nel contempo con la voce ferma che non vuol cedere alla morte e cerca nella vita il senso che la trascenda, per spingersi in una dimensione senza fine.

Le assonanze dolci di Facciamo Finta di Niccolò Fabi, accomuna il dramma dei genitori che sopravvivono ai figli.

Il mio Padre nostro è una composizione ispirata ad Anna Maria dalla corona di montagne attorno a Vittorio Veneto. Le piaceva canticchiare il motivetto che le girava in testa mentre andava al lavoro, e le parole obbedienti si sono collocate ognuna al posto loro.

Massimo, Emanuele e Andrea l’hanno concertato in un pezzo rock, con forti reminiscenze deI folk irlandese.

Ascoltiamolo.

L’indomabile vitalità di questi giovani semi sotto la neve ha già fatto spuntare, qui e ora, le tenere foglie di un albero, che vogliamo veder crescere con le radici ben salde nelle terre del nostro futuro.

Tutto il ricavato della vendita del libro Il seme sotto la neve andrà a sostegno del Comitato Collaborazione Medica – CCM, da cinquant’anni impegnato in Africa per promuovere la salute della mamma e del bambino.

Erica e Daniela sono salite sul palco a nome del medico Micol Fascendini, anima della missione e con stretti legami con la comunità di Monte Marenzo. Nel libro trovate gli scopi e le azioni di questo progetto di solidarietà tra il Sud Sudan, il Kenia, l’Etiopia e la Somalia.

Forse non era necessario dimostralo ulteriormente, ma è stato toccare con mano che con la cultura non solo si mangia, ma si curano i bambini, le mamme e, non è una blasfemia, le preziose mandrie dei pastori nomadi.

Don Giuseppe si è aggiunto a questo momento di solidarietà portando la parola: “Davide e Luca sono semi che hanno fatto nascere esperienze come questa serata. Condivisione, realtà sofferenti lontane nella geografia, ma vicine ai nostri cuori. In tutto questo c’è la rivelazione di come la morte rinasce a nuova vita”. Non solo parole da Don Giuseppe, ma anche un assegno per la missione di Micol Fascendini, frutto della generosità di alcuni nostri concittadini.

Siluri per affondare le navi da guerra della nostra indifferenza, schierate a difesa del nostro egoismo e del nostro superfluo.

Massimo Tavola chiama il dottor Mario Pigazzini, psicanalista, psicoterapeuta e scrittore, da anni amico di Anna Maria, a portare la sua testimonianza

Il dottor Pigazzini invita alla riflessione scegliendo alcune rime dell’opera che ha tra le mani, nelle pieghe delle quali, sostiene (e noi concordiamo), si nasconde il genio poetico di Anna Maria “…perché il poeta è colui che anticipa, che dilata le esperienze, e Anna poeta lo è, autenticamente”.

“Prendete – continua, -la frase Sei nato plasmato per me. C’è un’intuizione che non ho mai riscontrato in cinquant’anni di terapia con genitori abbandonati dai figli. Generalmente la letteratura psicoanalitica dice che il figlio che muore ritorna nella pancia della mamma. Qui no, avviene un rovesciamento copernicano. Il figlio è stato plasmato per sopravvivere alla madre, ma se un evento drammatico ne spezza l’esistenza è plasmato anche per mantenere sopra la linea di galleggiamento la vita della madre, affinché l’esperienza creatrice della maternità non si frantumi anch’essa. Pensateci, rifletteteci, cercate altri significati”.

Pigazzini focalizza l’analisi su altri passaggi simbolici degli scritti di Anna Maria. Il silenzio come forza che ricompone il sé autentico, la …vita nóva dalla montàgna al mar è lo spazio dove tutto si compie e si rigenera; …il guscio di noce da riempire col nostro vissuto.

Stimolata da Mario, Anna Maria va al microfono e di getto affabula la Campanèla de Nadàl nella lingua dei padri, il veneto antico.

Applausi scroscianti. Tra questi quelli dei familiari di Anna Maria, compresi i cugini qui in vacanza dalla California.

Battimani scroscianti e prolungati mentre Massimo invita i protagonisti di questa intensa serata a salutare il pubblico: Elisa Barachetti, Massimo Deo, Emanuele Panzeri, Andrea Dall’Olio e, naturalmente, Anna Maria Scapolo.

E’ il momento dei ringraziamenti e Anna, tra i destinatari, ricorda anche noi di UPper oltre alla Biblioteca di Monte Marenzo, all’Aido, Oratorio e a Confartigianato Lecco.

Cala il silenzio ed Elisa riprende il microfono e annuncia a sorpresa, con un velo di commozione, il dono che hanno pensato di offrire ad Anna Maria, al marito Gianmarco e al figlio Alessandro. Una canzone semplice, la descrizione di un innamoramento tra un uomo e una donna.

“Se esiste un senso a questa storia, forse è questo, dice Elisa. Anna avrebbe voluto morire e Marco voleva andare via lontano, poi qualcuno li ha visti tornare tenendosi per mano. E’ dall’amore che bisogna ricominciare, è all’amore che dobbiamo ritornare”.

I musicisti diffondono le note struggenti di Anna & Marco di Lucio Dalla.

Grazie Anna.

2 pensieri su “Una sera di luglio, Anna Maria…”

  1. Grazie Anna e Gian. Emozioni indescrivibili che hanno lasciato spazio anche a tanta serenità ed oserei dire gioia. Le tue poesie Anna, lette dalla bravissima Elisa hanno saputo andare oltre il cuore… all’anima.
    Come ci chiami tu, i tuoi “amici di sempre”

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