Browse By

Montagnaterapia al Monte di Santa Margherita

Bello, a volte, tornare sui propri passi..!

Appunto di passi – più precisamente di una camminata in compagnia a Sta Margherita – parla l’articolo che, apparso sull’ultimo numero della Rivista del CAI Lecco, cortesemente ci manda l’Autrice, la dott.ssa Adriana Baruffini, neo eletta Presidente del gruppo lecchese: prima donna in quasi 150 anni di vita della sezione!

Mentre ripercorriamo insieme, volentieri, la giornata dello scorso novembre con il Gruppo Montagnaterapia del CRA di Bellano ed il CAI, ringraziamo Adriana e tutti i partecipanti, anche per aver cercato con noi l’intreccio tra natura e opera umana, e colto l’accostamento tra ‘boschi’ e ‘gioiello’, come a noi piace chiamare il piccolo oratorio affrescato di Sta Margherita.

Cristina Melazzi

Montagnaterapia al Monte di Santa Margherita

Intreccio di natura, paesaggio e arte  

di Adriana Baruffini

Il bilancio di fine anno delle attività di Montagnaterapia svolte nel 2021 dal Gruppo CRA (Comunità riabilitativa ad alta assistenza) di Bellano in collaborazione con il CAI Lecco, positivo malgrado le discontinuità imposte dalla pandemia, ha fatto emergere alcune esigenze: diversificare meglio le proposte in base alle capacità e motivazioni personali; elaborare piani alternativi per le giornate di tempo incerto; arricchire il programma delle escursioni con contenuti riguardanti non solo il paesaggio e la natura, ma anche le tracce della presenza dell’uomo.

Riguardo all’ultimo obiettivo, possiamo dire di avere precorso i tempi il 18 novembre 2021, organizzando per una decina di ospiti e due professioniste della comunità una passeggiata al Monte di Santa Margherita nel comune di Monte Marenzo. Un’escursione riuscita così bene che abbiamo voluto prenderla a modello nello stilare il programma del 2022. E ora abbiamo deciso di raccontarla.

Lezione di lettura del paesaggio

Gli ingredienti per un esito felice dell’iniziativa c’erano tutti, a cominciare dalla giornata luminosa e ancora tiepida di un fine estate di San Martino, con colori autunnali al massimo dello splendore.                                                                                     

E poi, valore aggiunto inestimabile, la presenza di due accompagnatori competenti e appassionati, Cristina Melazzi e Sergio Vaccaro, volontari dell’associazione “Un paese per stare bene” e curatori del volume Monte Marenzo tra storia, ambiente, immagini e memoria (1).

Cristina e Sergio hanno condiviso con noi il cammino dal centro del paese fino alla meta, che nella prima parte si svolge fra isolati nuclei abitativi, prati e coltivazioni, per poi sconfinare, dopo la frazione di Portola, in un bosco di castagni. Empatiche e senza pedanteria, le nostre due guide hanno fornito spiegazioni e soddisfatto curiosità di tipo naturalistico, indicando alberi e tracce inconsuete di animali, ad esempio una pozza ai margini del sentiero che ad ogni primavera si popola di girini di salamandra. Ma hanno anche richiamato la nostra attenzione sui molti segni della presenza dell’uomo, da quelli più recenti, come i capanni di caccia, le baitelle e le cataste di legna sparse nel bosco, ai reperti archeologici dell’alto medioevo. Prima di arrivare a destinazione, mettendo insieme le spiegazioni e gli scorci panoramici sull’ampia area del comune, avevamo imparato che Monte Marenzo, grazie a una favorevole conformazione geologica fatta di colline esposte al sole e interposti avvallamenti, è stato fin dai secoli IX e X un paese ricco e conteso, sia per le fiorenti attività di agricoltura e pastorizia che per il ruolo strategico di controllo delle vie di comunicazione provenienti da Bergamo e dirette a Como. Avevamo anche capito che il Monte di Santa Margherita, in posizione dominante a 630 m di altitudine, aveva costituito in epoche lontane un luogo privilegiato e adatto all’insediamento stabile.

L’enigma di Santa Margherita

Non esiste una documentazione d’archivio che consenta di datare con sicurezza le origini degli insediamenti sul Monte di Santa Margherita. Sono stati gli scavi archeologici effettuati fra il 1998 e il 2000 e le successive ricognizioni di superficie a far emergere un complesso presidio militare (castello, torre e due cerchie di fortificazioni), edificato nei primi secoli del basso medioevo, probabilmente su un precedente abitato preistorico. Cristina e Sergio ci hanno accompagnato nell’esplorazione di questo sito che è entrato a far parte dell’ecomuseo della Valle San Martino, valorizzato da pannelli esplicativi. 

L’oratorio di Santa Margherita si trova però all’esterno di questo insediamento e le sue origini rimangono misteriose. Sulla base delle tecniche costruttive e delle caratteristiche architettoniche, l’epoca di fondazione viene collocata sul finire del XIII secolo, risultando compatibile con la datazione del ciclo pittorico dell’interno, realizzato fra il XIV e il XV secolo.                                                                                                                                      

Nel corso della sua lunga vita, l’edificio è stato utilizzato per la celebrazione di funzioni religiose in occasione della festa di Santa Margherita (20 luglio secondo il calendario ambrosiano), alternando periodi di abbandono a fasi di intervento che lo hanno portato all’aspetto attuale. Le prime opere di sistemazione risalgono al 1740, documentate dalla visita di un vicario della Pieve di Brivio che non mancò di esprimere le proprie perplessità (“Non so per quale motivo fu edificato in questo luogo montuoso e silvestre”). All’isolamento e alla mancata sorveglianza – hanno raccontato i nostri accompagnatori – sono da imputare la decadenza e i furti che hanno riguardato anche parte dei preziosi affreschi. L’ultimo restauro è quello eseguito nel 1983 dagli Alpini di Monte Marenzo, controverso per la sua radicalità, anche se va riconosciuto che, in assenza di un tempestivo intervento delle istituzioni deputate alla tutela dei monumenti, si è rivelato fondamentale per salvare da pioggia, neve e umidità gli affreschi dell’interno.

Un luogo magico

Quando si esce dal bosco e si approda sulla radura erbosa dove sorge la chiesetta, l’emozione è grande, sembra di essere in un luogo fuori dal tempo. In quel momento, per qualcuno del nostro gruppo, sono affiorati ricordi d’infanzia, feste di Santa Margherita e passeggiate nei boschi in compagnia del proprio padre: è stato bello ascoltare quelle testimonianze capaci di vincere per una volta l’abituale riservatezza di chi le rendeva.                                                                                                                                                     

L’esterno dell’oratorio ha un aspetto dimesso e se non fosse per la piccola abside potrebbe essere scambiato per una comune abitazione. E questo amplifica l’effetto sorpresa quando si varca la soglia e si è catturati dallo spettacolo delle pareti dipinte.

Le nostre guide hanno spiegato che gli affreschi di Santa Margherita, oggi frammentari a causa del degrado e dei furti subiti anche in tempi relativamente recenti (come dimostrano documenti fotografici del 1947), sono un’espressione alta della pittura del Trecento lombardo. L’attenzione si è concentrata particolarmente sul ciclo delle Storie di Santa Margherita, quindici riquadri che decorano la parete sud sconfinando con gli ultimi due sulla controfacciata. A questo punto la spiegazione è diventata narrazione colorandosi di leggenda: quadro dopo quadro sono sfilate come su un libro illustrato le vicende di Santa Margherita d’Antiochia di Pisidia, da pastorella quindicenne di sfolgorante bellezza a martire cristiana, morta decapitata dopo torture e prigione per aver rifiutato le nozze con un ricco governatore pagano che si era incapricciato di lei. Donna forte, accostata nella tradizione popolare a Santa Caterina d’Alessandria e a Giovanna d’Arco.

Sergio e Cristina sono riusciti a condurre la visita sul piano più adatto alle caratteristiche del nostro gruppo, diluendo nella leggerezza del racconto i contenuti artistici e le annotazioni storiche fornite da dettagli dei dipinti sui costumi, le acconciature, la quotidianità del Trecento lombardo.                                                                                                                                                                                                     

Dopo una breve passeggiata al sito archeologico sommitale antistante l’oratorio, seduti sull’erba ai piedi dell’abside, abbiamo consumato la nostra merenda godendoci il sole tiepido di mezzogiorno, prima di riprendere il sentiero per tornare in paese.

A Cristina e Sergio un grazie di cuore per il tempo, la fatica e la professionalità che ci hanno dedicato.

Foto di Adriana Baruffini

Note bibliografiche:

  • Cristina Melazzi e Sergio Vaccaro (a cura di)

Monte Marenzo tra storia, ambiente, immagini e memoria

Cattaneo Paolo Grafiche srl, Oggiono  2000

2 – Oleg Zastrow

Affreschi gotici nel territorio di Lecco 2, pp. 261-267

Banca Popolare di Lecco, Lecco 1990                                                                                                                                              

3- Laura Polo D’Ambrosio

Un ancora nascosto percorso della pittura bergamasca di primo Quattrocento in Valle San Martino

In: “Arte Cristiana”, fascicolo 775, pp. 253-262, Milano 1996

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.