Zio Riccardo e il 25 Aprile
Mio padre morì nel ’55. Come famiglia non stavamo messi bene e io, che al tempo ero bambino, aspettavo con ansia le visite dello zio Riccardo. L’uomo più buono del mondo ci portava una cassetta capiente ricolma di meraviglie: mandarini, arance, sacchetti di noci e nocciole.
Riccardo non era proprio mio zio, era cugino di mio padre. Per me la gerarchia affettiva aveva preso il sopravvento su ogni linea parentale.
Zio Riccardo era stato un antifascista militante e io lo vedevo come un eroe. Lo immaginavo con lo Sten in pugno difendere la libertà e la povera gente sulla piazza di Calolziocorte.
E poi venne il 25, 26, 27… aprile del ’45.
Qui entra in scena la memoria di mia madre e la mia curiosità di ragazzo.
– Abele, il fratello più piccolo della mia famiglia, aveva montato una camicia rossa sul manico del forcone infilato nei covoni di grano appena mietuto. Il segretario del partito fascista di qua fu informato e prese nota. Abele fu spedito di lì a poco in Russia dove scomparve a 22 anni, dopo aver salvato la vita ad un ufficiale. Come si fa a perdonare queste cose ai fascisti?
– Però ha preso la medaglia d’argento e la scuola elementare ha il suo nome, dissi.
– Lassà perd…
-Dimmi dello zio Riccardo, chiesi
– Non mi ricordo più che data fosse – cominciò a dire mia madre – ma erano passati pochi giorni dal 25 aprile. Vidi arrivare una macchina nera guidata da Riccardo e con lui altri uomini, che si fermò in piazzetta davanti a casa. Gli chiedo, “cosa fai qui Riccardo?” Lui non aveva voglia di parlare, guardava in terra, guardava gli altri uomini. “Allora, Riccardo?” A sottovoce disse: “Abbiamo avuto l’ordine di fucilare l’ex podestà”.
Era la prima volta che sentivo questo racconto. Anche mia madre a distanza di tanti anni ebbe quasi timore a continuare
– Non so che faccia io abbia fatto. Sono riuscita a riprendere la voce che mi mancava per dire: “Riccardo, ne abbiamo viste tante, abbiamo sofferto tanto. Adesso è il momento, tocca a noi trovare il coraggio di fermarsi e dire basta”. Lo zio guardò gli altri, si girò e mentre usciva mi lasciò con un “ciao”. L’ex podestà è morto di vecchiaia.
Zio Riccardo una sola volta mi accennò a questa storia. Col suo sorriso buono mi disse solo: – Ancora adesso ringrazio tua mamma.
Così, in tante cucine delle famiglie italiane, nacque la libertà e la democrazia del nostro Paese.
Dopo 78 anni, mi chiedo, qual è la morale di questa storia?
L’ha scritta Vittorio Foa, padre nobile della sinistra, quel giorno che a un dibattito incontrò Giorgio Pisanò del Movimento Sociale ed ex repubblichino. Quest’ultimo gli disse: – In fondo eravamo tutti patrioti, ognuno aveva la patria nel cuore …
E Foa: – Se aveste vinto voi, io sarei ancora in prigione. Siccome abbiamo vinto noi tu sei senatore.
Angelo Gandolfi
Grazie, Angelo , per questa drammatica testimonianza. Dar voce a chi ha lottato e sofferto durante il fascismo è il riscatto della libertà e della dignità di uomini e donne che hanno vissuto con coerenza, coraggio e umanità fino alla fine. Dimenticare o permettere ad altri di sminuire tutto ciò sarebbe come rinnegare sè stessi.
Grazie Angelo il racconto di questo pezzo della tua vita è un segno meraviglioso che dovrebbe far riflettere chi ancora non vuol capire la storia del nostro paese. Grande tua madre….Buon 25 APRILE anche a Carla. Un caloroso abbraccio.
Grazie Angelo, un bellissimo articolo,pieno di significati importanti, dovremmo mandarlo a presidente del Senato,e a tante persone del governo, grazie infinite
Gerry