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Quasi un ‘museo a puntate’ e le parole di Meca per l’8 marzo

Un otto marzo un po’ particolare, con la Sala civica  ‘addobbata’ di teli  e capi di vestiario nelle diverse gradazioni di bianco o écru, secondo il materiale che, nei secoli, ha accompagnato la vita quotidiana di generazioni di donne (e di famiglie): il cotone, la canapa, il lino, la lana.

Si è inaugurata questa mattina la Mostra “L’igiene e la biancheria nei corredi delle donne del ‘900”.

A presentarla, il presidente della sezione AIDO di Monte Marenzo, Fabrizio Losa e la curatrice Luciana Pagnin, autorevole e tenace collezionista di oggetti d’uso comune del passato, da lungo tempo attiva in paese e oltre. È stata anche l’occasione per ricordare il suo – più che ventennale – impegno presso il Museo Etnografico dell’Alta Brianza di Galbiate che, di recente, l’ha insignita del titolo di Socia Onoraria dell’Associazione Amici del MEAB, da lei per anni presieduto.

Ancora una volta, Monte Marenzo ospita questo ‘museo a puntate’ che Luciana offre periodicamente, scegliendo di volta in volta di portare alla luce un tema diverso, tra i tanti ‘racchiusi’ nei numerosi bauli, scatoloni e ben ordinati cassetti della sua collezione.

Molto spesso il tema è legato al mondo femminile, come nelle occasioni dell’8 marzo.

Anche la mostra di quest’anno suscita da un lato curiosità per oggetti, ormai fuori uso, che scandivano la fatica quotidiana delle donne per la famiglia fino a non molto tempo fa e, dall’altro, ammirazione per la qualità dei lavori di confezione e ricamo creati dalle mani femminili, in buona parte destinati alla cura dei piccoli.

È proprio nell’angolo espositivo dedicato ai capi per neonati e bambini che si è pensato, come UPper e Biblioteca, di riproporre, dalle nostre ‘teche’ di molti anni fa, la testimonianza video di una concittadina, Michela (Meca) Fumagalli (1904-1996), ‘donna del ‘900’, più volte mamma e nonna di tanti nipoti.

Quando Meca cita, in verità piuttosto scettica, l’uso delle fasciature per i neonati, ci troviamo a guardare le lunghisssime strisce ricamate, esposte da Luciana.

Ci si scambia uno sguardo quando, più avanti, Meca racconta di come le mamme tenessero, per qualche giorno, il bambino appena nato, accanto a sé nel letto: “‘l tegnéa insèma una quai dé, no perchè i diśìa a dagh…col nòs respiir i se rinfursava a  luur; dopu gh’era la cüna.” “Perché dicevano che, passando a loro il nostro respiro, si rinforzavano anche loro. Poi veniva la culla.”

Verso la conclusione dell’intervista, Nonna Meca ricorda come un giorno, già avanti con gli anni, per una visita in ospedale, le capitò che un medico, un professore, le chiedesse quanti figli avesse avuto. Alla sua pronta risposta: “N’ò crumpà ündes”  “Undici ne ho comprati!”, il medico, ammirato, chiese di fargli sapere come, per poterne comprare a sua volta.

‘L gh’à mia chèla munéda che gh’eri mì!”    “Non ce l’ha lei, quella moneta che avevo io!”, fu la pronta replica.

Buon otto marzo anche a te, Nonna Meca!

La mostra resta aperta anche domenica 9 marzo (h. 10/12,30 e h. 15/18) e i primi giorni della settimana per la Scuola.

Cristina Melazzi

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