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Consigli di lettura per settembre

Inizia la scuola e ho cercato di ricordare i tanti libri che hanno come protagonista la scuola.

Un piccolo elenco è questo (ma ce ne sono tanti altri, se volete suggeriteli voi):

Il paese delle meraviglie di Giuseppe Culicchia (Garzanti 2004): Ambientata nel 1977, questa storia di scuola e di amicizia ci restituisce gli umori e le sensazioni della generazione degli attuali quarantenni, allora adolescenti disorientati tra le lusinghe dei primi televisori a colori e la tragedia del terrorismo: una generazione che non ha ancora trovato il proprio posto nel mondo, e cerca nelle radici della propria educazione sentimentale e politica una chiave di lettura per affrontare il presente.

La gallina volante di Paola Mastrocola (Guanda 2000): Volare: innalzarsi da terra, distaccarsi dalle angustie della quotidianità, rifuggire dalla banalità che appesantisce ogni nostra azione, impedendoci di alzare lo sguardo al di sopra della linea dell’orizzonte. A questo dovrebbe servire la cultura. A questo dovrebbe servire la scuola.

Fuori registro di Domenico Starnone (Feltrinelli, 1998): La scuola è una prigione nella quale si entra a sei anni, per uscirne ormai grandi, spesso rovinati per sempre, a forza di recitare “Pianto antico” e sorbirsi dosi massicce di “Promessi sposi”.
In qualche caso da quella prigione non si esce più, ma ci si limita a cambiare di posto, passando dal banco alla cattedra: questo è il destino del protagonista, insegnante per vocazione e per disperazione.

Ma come è la salute della scuola italiana? Prova a spiegarcelo Giovanni Floris in La fabbrica degli ignoranti. La disfatta della scuola italiana (Rizzoli, 2008): In questa inchiesta sui mali della scuola e dell’Università italiane Giovanni Floris non risparmia fatti, numeri e situazioni allucinanti. Dall’asilo di Napoli che non apre perché mancano i bidelli fino all’istituto friulano che ogni anno cambia l’intero corpo docente (precario). Un libro di denuncia e insieme un atto d’amore verso una scuola di nobile tradizione, piombata in un Medioevo di strutture fatiscenti e insegnanti girovaghi come braccianti. Di fronte al declino della convivenza civile, della vita politica, dell’innovazione culturale, è ora che torniamo tutti sui banchi.

 

Visto che il panorama italiano è quello che è mi sono chiesto come va negli altri Paesi. Poi mi sono ricordato della bella recensione fatta da Miriam Ravasio su Diario di Scuola di Daniel Pennac (Feltrinelli, 2008). Rileggendola vien voglia di consigliare agli amici Upper di seguire il consiglio di Miriam.

 

Pubblichiamo qui quanto apparso sul suo blog con due suoi disegni.

 

bimbo-man-5Canto della somaraggine o della sofferenza condivisa del somaro, dei genitori e degli insegnanti, quella “sofferenza di non capire e i suoi danni collaterali”. Pagine vibranti di amore dolce e furioso per gli esclusi, che Pennac definisce i “passionari del fallimento” e per gli insegnanti “salvatori”, quelli che non mollano mai, artisti nella trasmissione della loro materia. “Nessuno è più pronto a cazziarti di un professore insoddisfatto di sé stesso”, ma “è sufficiente un professore – uno solo! – per salvarci da noi stessi e farci dimenticare tutti gli altri”.

Una magistrale lezione pedagogica, divisa in parti che voglio riassumere così: il somaro, la somaraggine, l’amore. Pagina dopo pagina il lettore ripercorre tutte le tappe di Pennac, Daniel Pennacchioni, bambino che andava male a scuola “non capivo, ero più indietro del cane di casa”. Testimonianze, analisi, riflessioni e prese di posizione nette e anche provocatorie che non mancheranno di sollevare polemiche: un testo dirompente, da leggere e studiare : Un testo sull’organizzazione del sistema scolastico francese, dalla sua istituzione ad oggi. Dallo “zio Jules”, Jules Ferry che assicurò l’istruzione pubblica obbligatoria, al “bambino cliente” e alla sua “Nonnaccia Marketing”.

E’ quasi impossibile, anche con la disamina più attenta, comprendere i temi del libro, perché Pennac ci offre il cuore, la sua professionalità e lo spirito critico dello scrittore, attento al mutare delle abitudini e delle classi sociali.

 

Il somaro di Pennac, è un disadattato senza fondamento storico, senza ragione sociologica, perché lui figlio di laureati era somaro come altri “un archetipo senza unità di misura”. Un escluso, elemento di disturbo per l’istituzione scolastica e incompreso a casa. Al punto che la madre, nell’epilogo, messo ad introduzione del racconto, non gli riconosce nemmeno il successo: Il mio avvenire le parve subito talmente compromesso che non è mai stata davvero sicura del mio presente. Perché il somaro si racconta ininterrottamente la sua somaraggine: faccio schifo, non ce la farò mai. Per loro, la scuola è un club di cui si vietano, da soli, l’accesso. Giorni e ore di scuola e di fatica per comprendere quelle parole, così facili per gli altri, e che lui ripeteva instancabilmente, come bocconi masticati senza inghiottire fino alla totale decomposizione del sapore e del senso. Sofferenza e comicità, momenti di abbandono e voglia di riscatto, impotenza e compiacimento, perché “il somaro oscilla fra lo scusarsi di essere e il desiderio di esistere nonostante tutto”.

 

 Pubblicato da Miriam Ravasio su http://miriamravasio.blogspot.com/

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Un pensiero su “Consigli di lettura per settembre”

  1. Recentemente ho letto
    “Maestra! Mi è venuto l’inps sulle labbra!”, scritto da (mi pare) tre insegnanti della scuola primaria del lecchese, il volume era acquistabile con il Giornale di Lecco, credo si possa trovare tuttora in edicola, e raccoglie una serie di strafalcioni usciti dalla bocca degli alunni e spesso anche degli insegnanti, nel corso dell’anno scolastico.
    E’ molto divertente perché sappiamo tutti come i bambini, nella loro spontaneità, talvolta danno alle parole che sentono dei significati nuovi, dati dall’assonanza con altre parole; è inoltre umanizzante vedere che anche quando i maestri sbagliano, sanno riderci su e correggersi insieme ai loro piccoli scolari.

    Ho anche letto, trovandolo cinicamente vero, sebbene personalmente io sia più ottimista, ma magari è solo perché non insegno 😉
    “Perle ai porci. Diario di un anno in cattedra. Da carogna” di Gianmarco Perboni, ed. Rizzoli, 2009
    (Perboni è un nome d’arte, scelto non a caso uguale al famoso maestro Perboni del libro Cuore di De Amicis)
    Copio una bella recensione:
    Settembre, il giorno della prima campanella. Il professor Perboni prende servizio come docente di Lingua e letteratura inglese all’Istituto tecnico De Bernardi nel corso C. Il più ostico, a detta della vicepreside. Un corso come tutti gli altri, è convinto Perboni, lui che con svariati anni di insegnamento alle spalle, prima da precario, poi di ruolo – conosce bene gli studenti italiani di oggi. Una generazione scoraggiante, irrecuperabile, bovinamente supina. Ragazzi che, in cima alla scala delle proprie aspirazioni, pongono quella di partecipare ad Amici e, al secondo posto, “almeno conoscere qualcuno che abbia partecipato ad Amici”. Adolescenti viziati da genitori disposti a procurare certificati medici fasulli che consentano di uscire dall’aula per andare in bagno ogni dieci minuti, e pronti a denunciare l’insegnante al primo brutto voto (non importa se meritato). Allievi ormai resi incontrollabili da docenti sempre più demotivati, confusi – troppo entusiasti o troppo negligenti e fiaccati da uno stipendio ridicolo e da obblighi burocratici assurdi e contraddittori. Ma Perboni non teme più nulla perché ha messo a punto il suo personale metodo da carogna… Questo romanzo è il diario di un anno di scuola. E, raccontando interrogazioni da purga staliniana, inquietanti consigli docenti e surreali colloqui con i genitori, insinua nel lettore il sacrosanto sospetto che il quadro della scuola dipinto da Perboni rispecchi perfettamente la disperante realtà delle aule italiane.

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