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I senza lavoro bussano alla nostra porta

Non mi era mai capitato di vedere lavoratori che girano di paese in paese a distribuire volantini che raccontano la loro condizione di “senza lavoro”.

Martedì scorso è stata la volta dei dipendenti della Candy di Santa Maria Hoè. La fabbrica di elettrodomestici, leggo nel comunicato, da questa estate smetterà di produrre in Italia per spostarsi in Cina.

204 operai: liberi tutti. Tra di loro 26 coppie sposate che di colpo avranno zero reddito familiare.

Noi non sappiamo se esistono possibilità diverse dai cancelli chiusi, o se l’azienda riesce a trovare un sussulto di responsabilità verso chi l’ha fatta grande. Quello che sappiamo con assoluta certezza è che le persone non possono essere “merce”, non possono essere vendute, comprate, usate e buttate come involucri senza valore.

So quali sono le obiezioni. Che queste sono affermazioni moralistiche, prive di fondamento pratico e senza prospettive al cospetto delle ferree leggi dell’economia.

Nulla di più sbagliato, perché il fine al quale tutto deve tendere, compresa l’economia e le regole del mercato, è quello di far sì che le persone stiano tendenzialmente bene. Se tutti i cittadini dispongono mediamente di un reddito dignitoso, aumenta la richiesta di beni, questa sollecita la produzione e gli scambi, si accumulano le risorse per gli investimenti e lo Stato incassa i tributi necessari per i servizi e le pensioni, propri di una società civile e solidale.

E’ l’abc dell’economia. Tutto il resto, le delocalizzazioni, le bolle finanziarie, il lavoro nero, l’evasione fiscale, i bilanci truccati, i produttori dei “senza lavoro”, eccetera, è il cammino a ritroso della storia economica e sociale degli ultimi 120 anni.

In fine, è arrivato il momento di rivendicare, di pretendere, che ci siano rigorose pratiche etiche in economia, perché i comportamenti individuali si ripercuotono sulle condizioni di vita di tante persone e perché si tratta del loro destino.

Gli operai della Candy chiedono solidarietà: ci sembra il minimo che possiamo dargli. Il giusto sarebbe dare loro lavoro.

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