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“Certe esperienze non le puoi capire finché non le provi sulla tua PELLE”. La testimonianza di Letizia Losa ad Haiti

Un paio di settimane fa ho visto ed ascoltato un’intervista durante la rubrica settimanale SETTE di Teleunica, condotta da Matteo Filacchione.

Ad essere intervistata era Letizia Losa, una giovanissima residente a Sala di Calolzio che raccontava della sua esperienza passata ad agosto ad Haiti con il progetto “CSI per il mondo”.

Grazie al tramite della zia Ilaria ho chiesto a Letizia se voleva inviarci un articolo e magari qualche foto.

Letizia ci risponde con questa splendida e toccante testimonianza. E per la foto ci scrive… “vi allego la mia preferita! “. Guardandola capiamo subito il perché…. Grazie Letizia!

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20160824_090044“Certe esperienze non le puoi capire finché non le provi sulla tua PELLE”

Classico finale delle testimonianze di esperienze di vita vera, di scelte coraggiose. Una frase scontata che forse nemmeno ora, tornata da Haiti, ascolterei o mi verrebbe da dire. Eppure ha una parola chiave, che racchiude l’essenza della mia missione. La PELLE.

I primi giorni a Port-Au-Prince, capitale di Haiti nella cui periferia opera CSI per il MONDO, sono stati tutt’altro che facili. Niente di idilliaco o emozionante come sempre mi sono immaginata…

La folla di bambini in festa di fronte a un missionario, sembrava piuttosto un branco di mocciosi selvaggi che prendevano d’assalto ogni tuo oggetto dicendoti: “Cadeaux pour moi?”.

Quella straordinaria felicità che dicono abbia solo chi ha meno, era piuttosto una ordinaria rassegnazione di fronte alla realtà dura di una baraccopoli in cui sembrano aver rubato perfino l’aria.

Quel ritmo caraibico colorato e divertente era più simile a un labirinto soffocante dove nulla aveva un perché, un ordine, un posto… le strade senza sensi di marcia, centinaia di ragazzini stipati in uno stanzino, canzoni da grandi ballate da bambine…

E la PELLE. Se anche solo per un momento ho creduto di poter andare a salvare il mondo, subito me lo hanno fatto dimenticare. Mi hanno insegnato che non sempre il cattivo è l’uomo nero, come nelle ninne nanne. Ma che quello rifiutato, guardato con diffidenza, può essere anche il bianco, o meglio “blan” come dicono in creolo. Subito la mia PELLE mi ha insegnato che non sarei stata la salvatrice di nessuno, che ogni centimetro di fiducia me lo sarei dovuto guadagnare spogliandomi di ogni mia convinzione.

Primo su tutto ho dovuto spogliarmi dei miei programmi di allenamento, gioconi, che per ore avevo preparato in Italia. A Corail, quartiere sorto dopo il terremoto di pochi anni fa estremamente povero, non usciva nemmeno un mago libero.

Poi della mia idea di divertimento, oratorio, stare insieme. A Corail i bambini da 80 diventavano improvvisamente 15 perché da parte al campo di gioco si scatenava una rissa con coltello.

Poi della mia idea di giustizia, quando mi sono trovata davanti un popolo dalla storia di schiavitù, una terra meravigliosa alla mercé di superpotenze, una mamma che mi voleva regalare il suo piccolo, un bambino a cui ho dovuto dire di tornare a casa perché quel giorno non c’era cibo per tutti.

Ero spogliata dagli sguardi degli haitiani, dai genitori che avrebbero voluto il mio zainetto per i loro figli, dai ragazzini che mi hanno chiesto di sposarli almeno una decina di volte, dai bambini che si rifiutavano di fare quello che gli dicevo. E mi sentivo nuda e sbagliata, inutile.

Poi, un bambino che si ricorda delle mie scarpe bagnate il giorno prima, un altro che canta la canzoncina della sardina che gli avevo insegnato o, ancora, le bimbette che mi vogliono fare i capelli e non mi si scrollano di dosso nemmeno per un momento e iniziano a chiamarmi per nome. Non più “blan”, ma “Cicia”. Ancora lontano da un Letizia, ma qualcosa che nella loro mente suonava simile. E quel nome inizia a starmi così bene addosso che comincio a vestirmi di quello.

E quando arrivo a casa la sera che la mia PELLE non è mai stata così sporca, scottata, sudata, sento che quello è il vestito migliore che potrei mettermi e scelgo di indossarlo per tre settimane.  Inizio a capire che la mia missione potrebbe essere quella di donare ricordi felici, perché solo una bambino che ha conosciuto la Bellezza, sarà un adulto capace di ricercarla.

E a chi mi chiede se non era meglio andarsi a fare una vacanzina rilassante con le amiche, dico che niente al mondo potrà mai valere quanto il poter accarezzare la PELLE nera dei bambini di Haiti. Quella PELLE maleodorante, mai pulita, coperta di sabbia, di ferite non curate. Quella PELLE che mi ha insegnato il vero senso dello sport, che mi si presenta davanti quando preferirei non alzarmi dal letto e sto per scegliere di non vivere veramente. Quella PELLE che auguro a tutti di poter incontrare almeno una volta nella vita, al di là del suo colore, della sua giovinezza, delle sue piaghe, del suo profumo… quella pelle che ci dicono di possedere, di vendere, di usare come segno di discriminazione, di tirare a più non posso.

Quella che per primo Gesù ci ha fatto toccare, offrendosi come amico nostro da poter accarezzare e che ci invita a cercare per tutta la nostra vita.

Letizia, per gli amici per la pelle Cicia.

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Un pensiero su ““Certe esperienze non le puoi capire finché non le provi sulla tua PELLE”. La testimonianza di Letizia Losa ad Haiti”

  1. Chiedo, mi chiedo, dobbiamo chiederci, se è possibile qui da noi rifiutare, o peggio condannare un incontro/confronto di PELLE come Letizia ci ha raccontato, e continuare a sentirci in pace col nostro essere umani.

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