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In cerchio con Mattia Conti

Siamo veramente in pochi in Sala Civica. Mattia Conti è stato invitato dalla Biblioteca e dalla nostra Associazione UPper a presentare il suo ultimo romanzo “Gli amanti sommersi” edito da Solferino.

Delusione? Sì, forse un poco. Si sperava in una maggiore partecipazione. Ma ogni sentimento negativo è stato spazzato via dalla piacevolezza della conversazione, con l’autore che si è aperto a tantissime considerazioni, dialogando con noi.

Intanto ci si è messi in cerchio, un modo per superare la barriera immaginaria che di solito si crea se l’autore è dietro ad un tavolo. Così è stato naturale iniziare con l’informarci che Mattia è appena diventato papà, che tutto è andato bene ed ora con sua moglie divide la gioia di accudire il piccolo Leone che inizia ad affrontare la vita.

Andrea Mangione ci presenta Mattia e ci informa che mentre siamo qui (in presenza), a discutere con lui, nello stesso momento andava in onda (registrato) su Sky Arte con Gianni Canova, per raccontare “Gli amanti sommersi” alla trasmissione Luce Social Club (per chi volesse vederlo qui il link, Mattia appare dal minuto 47.24 https://arte.sky.it/video/luce-social-club-ep-28-707754).

Mattia, giovanissimo (è del 1989!) scrittore di Molteno, al suo secondo romanzo. Il primo, “Di sangue e di ghiaccio”, sempre edito da Solferino, era stato presentato, sempre da Andrea, anche qui a Monte Marenzo l’8 marzo di due anni fa, insieme al suo primo film “Te la do me, la Merica”, girato nel 2015 (qui il racconto di quella serata https://www.unpaeseperstarbene.it/2019/mattia-conti-a-monte-marenzo-tra-grande-e-piccola-storia/ ).

Ci aveva già stupito allora la sua notevole bravura, la sua prosa e il racconto di una storia ambientata tra Lecco e Como a fine Ottocento.

Un giovane che racconta del passato? Mattia, in questo secondo romanzo, parte ancora dalla storia passata: il ritrovamento di un misterioso Libro degli amanti, scritto da un vecchio partigiano che narra di Gianna e Neri, due (reali) protagonisti dell’arresto di Mussolini.

Tocca a me iniziare a dialogare con Mattia e (d’accordo con lui ma all’insaputa di tutti), scambio con lui alcune battute in esperanto! … Tutti ci guardano perplessi. Mattia spiega che è partito proprio da qui, da quella vera vicenda del 1945, e che il primo impulso è stato quello di romanzarla. Tentativo ostico. Allora ha cambiato prospettiva, intanto ha creato l’espediente di immaginare il Libro dei due partigiani scritto proprio in esperanto, la lingua coniata nella seconda metà dell’Ottocento per essere universale e superare quindi tutte le lingue nazionali con il loro bagaglio di confini e nazionalismi.

E poi il cambio di prospettiva: partire dal passato e immaginare una “nuova resistenza” al potere mediatico dei giorni nostri e alla prospettiva di nuovi totalitarismi. Mattia ha quindi ambientato la storia in un futuro prossimo ma imminente. Siamo negli anni Trenta del Duemila e un regime paramilitare ha preso il controllo dell’Italia. Marzio è un comandante. Giovanna è una staffetta. I dissidenti, in clandestinità, si fanno chiamare «Dinosauri» perché rinunciano innanzitutto a qualsiasi comunicazione digitale: il consenso e la repressione passano infatti attraverso gli smartphone, i computer, il potentissimo Social Unico. Glauco è un medico, e il principale ideologo italiano di una nuova teoria della razza. La Resistenza combatte alla vecchia maniera: messaggi, staffette, imboscate e tradimenti…

Ieri sera non abbiamo parlato della trama (non vogliamo anticipare nulla ai lettori e lasciar loro il gusto della lettura), quello che ci interessava erano i meccanismi che hanno mosso Mattia a scrivere questo romanzo e in questa forma.

Un romanzo “distopico”, una realtà immaginaria spaventosa del futuro, in cui si descrive anche la violenza, e Mattia ha strutturato il romanzo con ogni capitolo che affronta un arco temporale sempre più breve, passando da cinque anni a una sola ora, una dilatazione del tempo che permette di indagare sempre più a fondo il mondo interiore dei personaggi.

Mattia ci parla anche del suo lavoro, si occupa di format e serie tv presso una casa di produzione televisiva, e delle sue letture in treno da pendolare verso Milano o dell’ascolto degli audiolibri (preferisce quelli letti da una voce femminile). Ci svela i libri che ha più amato: “Il maestro e Margherita” di Bulgakov; “L’insostenibile leggerezza dell’essere” di Kundera; “Trilogia della città di K” di Agota Kristof; i romanzi di Jonathan Safran Foer, “Ogni cosa è illuminata” e “Molto forte, incredibilmente vicino”; tutto Chuck Palahniuk; Margaret Atwood, Steinbeck, Faulkner…

Quante letture condivise con noi che siamo qui, accanto alla nostra bella biblioteca che Mattia ha appena visitato.

Mattia non si risparmia neppure alla fine, autografando i suoi libri e scrivendo dediche personalizzate a ciascuno di noi. Grazie ancora (Dankon in esperanto 😉 )

 

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