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Pranzo di condivisione con i migranti

Domenica, nel salone dell’Oratorio di Monte Marenzo, c’è stato un pranzo di condivisione un po’ speciale: alla tavola, questa volta, sono stati invitati alcuni ragazzi ospiti del Centro per richiedenti asilo di Airuno, una struttura che da alcuni mesi accoglie una sessantina di migranti.

Abbiamo così potuto incontrare una decina di loro, giovani tra i venti e i trent’anni o poco più, provenienti da Nigeria, Ghana, Senegal, Gambia, qualcuno dei quali già entrato in contatto con alcune famiglie di Monte Marenzo e dei paesi vicini in occasione delle scorse feste natalizie. Insieme a loro abbiamo preparato i tavoli, abbiamo apparecchiato e abbiamo pranzato, chiacchierando e parlando, gustando le tante cose buone preparate nelle case per questa domenica ‘condivisa’. Si era in tanti ed è stato bello vedere anche i più giovani parlare ed ascoltare e i più piccoli osservare incuriositi o semplicemente correre e giocare, tra tante persone anche non conosciute, come in una qualunque giornata di festa in compagnia.

Dopo pranzo, liberati i tavoli e disposte in cerchio le sedie, è venuto il momento del racconto: alcuni dei ragazzi hanno accettato di raccontare la loro storia, cosa li ha spinti ad abbandonare il proprio Paese e dopo quali tappe ed esperienze sono arrivati in Italia.

Anche se in realtà quasi tutti stanno velocemente imparando l’italiano, si sono espressi in inglese o francese, mentre qualcuno dei presenti ha tradotto per tutti. Per questi giovani, parlare di sé con altre persone è in qualche modo un conforto ma insieme una fatica, vuol dire ricordare e rivivere momenti dolorosi, eventi sociali o drammi familiari che li hanno costretti ad iniziare un viaggio di non ritorno che li ha condotti fino a noi.

Il ricordo più penoso è per tutti il periodo trascorso forzatamente in Libia, su cui si soffermano con poche frasi per liquidare come ‘invivibile’ quella terra, senza insistere sui particolari: sappiamo tuttavia, anche dalle cicatrici che portano sul corpo, che lì sono stati vittime di sfruttamento, torture e schiavitù. E’ una reazione comune, per chi torna da guerre, prigionia, campi di concentramento o è stato vittima di violenza da parte di altri uomini, tacere su queste cose atroci. Nonostante il dolore e la commozione, questi giovani hanno voluto condividere le loro storie perché adesso sono qui ed il loro più grande desiderio, insieme a quello di poter lavorare, è di essere capiti ed accettati.  Ed è davvero difficile non ‘capire’ un ragazzo di vent’anni che ti dice: “Vorrei vivere.”

Qualcuno, sceso al bar per un caffè, ha subito apprezzato le postazioni di gioco e così, con tempestiva generosità, l’Oratorio ha deciso di donare, per il Centro, un tavolo da ping pong e due racchette: i ragazzi ne sono stati felicissimi. E qui vogliamo ringraziare tutti i volontari dell’Oratorio e Don Giuseppe per l’accoglienza.

Un piccolo rammarico è che il racconto delle storie può aver tolto un po’ di tempo alla socializzazione più individualizzata, allo scambio e alla conoscenza spontanea, ma sarà per una prossima volta!

Diciamo anche di Yunus, il primo a raccontare la propria storia: nei saluti finali, lui, musulmano del Ghana, ci chiede con un sorriso: “Pregate per me, mercoledì ho la commissione, pregate perché possa avere i documenti”.

Tutti sono stati molto contenti dell’accoglienza, di aver passato una giornata con tanti italiani che hanno sentito vicini e amici e che si sono interessati a loro. Ce l’hanno voluto dire durante il pranzo, ancora in auto tornando ad Airuno e al momento dei saluti lì al Centro.

Appena rientrati, hanno chiamato gli altri ospiti e, aprendo i vassoi di cibo ancora rimasto dal pranzo in trasferta, hanno improvvisato un ‘buffet condiviso’. Intanto si apprestavano a montare il ping pong.

Mentre i telegiornali ci rimandano notizie drammatiche dal nord della Francia alla frontiera con la Macedonia, non rinunciamo al resoconto di una semplice giornata di incontro.

Grazie a tutti.

Cinzia e Cristina

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